Un’utilitaria trasformata in un bolide da corsa. Sono cose che capitano nel mondo dell’auto, ma qualche volta in modo davvero sorprendente, come nel caso della Renault 5 Turbo. Un progetto radicale che nasce dalla necessità per il gruppo francese di tornare agli onori della cronaca sportiva, alla fine degli anni Settanta e rinnovare i fasti delle elaborate da Gordini e delle berlinette Alpine A110. La popolare, piccola vettura viene così sottoposta ad un vero e proprio stravolgimento della sua natura, con lo sguardo fisso all’impiego agonistico da protagonista.
Cambia tutto
Anzitutto, per ottenere le più alte prestazioni, sia in pista che nei rally, lo schema tecnico della R5 viene rovesciato, sistemando il motore in posizione posteriore-centrale con l’eliminazione del sedile e riducendo i posti nell’abitacolo soltanto a due. Una modifica sostanziale accompagnata da una completa rivisitazione, in chiave funzionale per il compito cui l’auto è destinata, del design della carrozzeria, alleggerita con componenti in alluminio e vetroresina. L’intervento, che vede la collaborazione della Bertone e del suo stilista allora di punta Marcello Gandini, non muta la fisionomia originale ma rende assai aggressivo l’insieme con carreggiate allargate, spoiler e prese d’aria un po’ ovunque, sottolineandolo ulteriormente con colori vistosi, dall’arancio al blu brillanti per le versioni di serie.
Toni e tinte che si ripetono all’interno, dove poco o nulla rimane dell’utilitaria d’origine: sedili avvolgenti a “petalo”, strumentazione formata da ben dieci strumenti circolari e un curioso, addirittura troppo anticonformista e poco pratico, volante con due razze ad angolo retto. Minimo lo spazio per i bagagli, tra l’altro “al caldo” per la vicinanza di un motore superdotato.
Su la potenza
Anche il quattro cilindri 1.400 della meno estrema R5 Alpine utilizzato come base, un non certo avanzatissimo “aste e bilancieri”, è stato infatti oggetto di una robusta cura anabolizzante ed è accoppiato ad un cambio a cinque marce con frizione bidisco. Grazie alla sovralimentazione, all’intercooler, al radiatore dell’olio, all’iniezione meccanica e a materiali più sofisticati per molte parti sottoposte a stress, la potenza cresce a 160 cavalli che salgono ancora molto in veste gara.
Già la variante “normale” della R5 Turbo è in grado di raggiungere i 200 chilometri orari e di accelerare da 0 a 100 in meno di 7 secondi, prestazioni di rilievo assoluto. La grande maneggevolezza di un’auto lunga appena 3,66 metri e dal peso intorno ai 1.000 chilogrammi, rivista inoltre negli assetti, nelle sospensioni e nell’impianto frenante, ne fanno un’arma in grado di confrontarsi anche con rivali di alto rango.
Valori confermati da vittorie importanti al Rally di Montecarlo e al Tour de Corse e da una miriade di altri successi su strada e in circuito. Sarà però lo strapotere delle avversarie a trazione integrale a limitare la carriera sportiva di questa esuberante Renault, nonostante l’evoluzione porti ad elaborazioni che sfioreranno addirittura i 400 cavalli.
Auto da collezione
Presentata in anteprima al Salone di Parigi del 1978, la Turbo entrerà in produzione nel 1980, venduta in Italia a quasi 24 milioni di lire, prezzo da “amatori” per una collocazione nel mercato esclusivamente di nicchia e per clienti esperti, capaci di domare una vettura della quale bisogna saper prendere bene le misure. Nel 1982 arriva la seconda generazione, con carrozzeria interamente in acciaio e allestimenti semplificati, che resterà in listino fino al 1986.
Circa 5.000 gli esemplari costruiti complessivamente e pochi quelli in forma oggi disponibili, ricercati dai collezionisti e dalle valutazioni in ascesa. La Renault tornerà sul tema nel 2001 con una altrettanto iperbolica interpretazione della Clio, sempre con motore centrale montato al posto dei sedili posteriori e questa volta un V6 di ben tre litri da 230 e poi 255 cavalli.