Come nasce, o meglio, rinasce un’icona dell’auto? Ce lo spiega in un video sul suo canale di You Tube il designer Frank Stephenson che tra le sue tante creazioni, come la Maserati MC12, la Ferrari F430, la nuova Fiat 500 e la McLaren P1, ha realizzato la Mini del 2001, marchio di proprietà di Bmw. Forse il suo lavoro più impegnativo, come sostiene, ma anche quello che gli dato più soddisfazione perché "reinterpretare in chiave moderna un’auto del passato è sempre un’operazione rischiosa". Soprattutto nel caso della Mini, rimasta immutata per oltre 40 anni nelle forme originali disegnate da Sir Alec Issigonis.
Il pronipote del veicolo originale
Un'attenta considerazione delle proporzioni è stata la linea guida utilizzata dal designer americano per “reinventare” la Mini. Tenendo conto di tre livelli, tetto, vetrature e corpo vettura, Stephenson ha raffigurato con diversi schizzi più volte l’auto come se si fosse evoluta nel corso dei decenni fino a trovare la versione adatta ai tempi.
“Il modello che ho progettato sembrava il pronipote del veicolo originale, condividendo le stesse caratteristiche, solo più forte, più veloce e più intelligente. Volevo che le persone lo guardassero e si chiedessero dove l'avevano visto prima”.
Come un bulldog inglese
Seguendo poi la sua filosofia di biomimetica, secondo cui le auto dovrebbero catturare il design della natura, Stephenson si è ispirato a un bulldog inglese, usato non a caso dalla Bmw anche nella campagna pubblicitaria di lancio della vettura.
La tecnologia moderna lo ha aiutato molto, grazie alla possibilità di lavorare il metallo in modo da consentire un utilizzo maggiore di pannelli curvi sulla carrozzeria rispetto alla Mini del 1959. Da subito ha poi impostato il modello per essere prodotto in più varianti di carrozzeria, compresa la crossover che è il vero modello di mercato del nuovo millennio.