Il coronavirus si diffonde sempre di più negli Stati Uniti. Il sindacato dei metalmeccanici United Auto Workers ha fatto pressione sull'industria e così Fiat Chrysler, dopo aver chiuso le fabbriche nel Vecchio continente, ha deciso di sospendere la produzione nei suoi impianti del Nord America, come si legge nella nota ufficiale, "a partire da oggi e fino alla fine di marzo".
"La decisione è stata presa in accordo con lo United Auto Workers - il sindacato americano dei metalmeccanici, basato a Detroit e che rappresenta lavoratori negli Stati Uniti, a Porto Rico e in Canada - dopo aver constatato la preoccupazione dei nostri dipendenti".
Mike Manley, amministratore delegato di Fiat Chrysler, ha così commentato la decisione: “Dobbiamo assicurarci che i nostri lavoratori si sentano sicuri sul posto di lavoro e che tutte le misure possibili siano adottate per garantire la loro protezione. Continueremo a fare ciò che è giusto per le nostre persone durante questo periodo di incertezza”.
"Anche se la priorità è la salute dei lavoratori - prosegue Manley - stiamo anche valutando l'impatto di tutte le misure prese all'interno della società e delle condizioni macro economiche finanziarie legate all'emergenza coronavirus. Daremo un aggiornamento quando la valutazione sarà completata e avremo una visibilità sufficiente sulle condizioni di mercato".
Le altre Case che chiudono
Chiudono anche Ford e General Motors, sia le fabbriche negli Usa che quelle in Canada e in Messico, sempre dopo la richiesta del sindacato. In Borsa a Wall Street, mercoledì, i titoli delle tre Big di Detroit avevano perso molto: Gm il 17,3%, Ford il 10,2%, Fiat Chrysler il 9,2%.
Inizialmente, i costruttori e lo United Auto Workers aveva concordato di mantenere gli impianti in funzione, con turni e personale ridotti e con sanificazioni straordinarie. Ma quell'accordo è stato annullato dopo la decisione di Honda di chiudere le sue fabbriche nordamericane per sei giorni, a causa di un crollo della domanda, e in seguito alla notizia di un lavoratore dell'impianto di assemblaggio Ford - da dove escono Ranger e Bronco - risultato positivo al coronavirus.
Anche Nissan interromperà la produzione negli stabilimenti di produzione statunitensi a partire dal 20 marzo fino al 6 aprile "per aumentare gli sforzi di contenimento del Covid-19". Hyundai ha chiuso il suo stabilimento di assemblaggio a Montgomery, in Alabama, dopo che un dipendente è risultato positivo al tampone. Toyota farà la stessa cosa dalla prossima settimana.
Il presidente del sindacato United Auto Workers, Rory Gamble, in una nota, ha definito le chiusure "la cosa prudente da fare". Un pensiero condiviso anche dall'amministratore delegato di Gm Mary Barra in una dichiarazione separata.
Nel sud degli Usa impianti aperti
Nel sud degli Stati Uniti, notoriamente meno o per nulla sindacalizzati, alcuni impianti di assemblaggio rimangono invece operativi: quello di Bmw a Spartanburg, nella Carolina del Sud, quello Kia a West Point, in Georgia, quello Mercedes a Vance, Alabama, quello Volvo a Ridgeville, Carolina del Sud, e quello Volkswagen a Chattanooga, Tennessee.
Anche Elon Musk ha deciso di tenere ancora aperta la fabbrica di Tesla a Fremont, nonostante l'ingiunzione delle autorità per una sospensione della produzione. Dalla fabbrica non dovrebbero uscire nuovi modelli ma rimane attiva, con un 25% del personale chiamato ancora a lavorare. Musk è noto per aver sempre osteggiato qualsiasi forma di sindacalizzazione.