Luca de Meo, ex enfant prodige della scuola Sergio Marchionne, è stato nominato amministratore delegato di Renault. Entrerà in carica effettiva il prossimo 1 luglio: i tedeschi del gruppo Volkswagen - da cui proviene - avrebbero fatto pesare la clausola di non concorrenza che in genere impedisce ai top manager di cambiare casacca da un giorno all'altro nello stesso settore. Insieme al presidente Jean-Dominique Senard, de Meo dovrà gestire il gruppo e l’Alliance con Nissan-Mitsubishi (di cui i francesi detengono il 43%) in una fase più che complicata: dopo vent’anni, le relazioni con i giapponesi sono al più basso livello per l’arresto e la fine traumatica della lunga era di Carlos Ghosn, un uomo solo al comando.
Il lavoro da fare
A Parigi, de Meo - formazione e lunga esperienza nel marketing, laurea in economia aziendale alla Bocconi e 53 anni il prossimo giugno - trova risultati di vendita globali del gruppo Renault nel 2019 in calo del 3,4%; per conoscere quelli finanziari bisognerà attendere il prossimo 14 febbraio. L’alleata Nissan sta peggio: ha chiuso l’anno fiscale 2019 con -45% di profitti e previsioni al ribasso per il 2020 (al 31 marzo) a -73,5%. Il nuovo ceo dovrà poi gestire la cooperazione industriale con Daimler, che sembra aver perso slancio, e capire se il gruppo ha bisogno o meno di nuove alleanze - se non fusioni - dopo il mancato accordo con Fiat Chrysler del giugno scorso.
Carriera iniziata in Renault
Luca de Meo, prima volta di un non francese al vertice del gruppo automobilistico di Billancourt (Ghosn aveva acquisito la nazionalità anche se nato in Brasile), ha iniziato la sua carriera proprio in Renault, lavorando successivamente in Toyota Europa e poi, nel 2003, a Torino al gruppo Fiat. Qui lo trova Marchionne quando arriva nel giugno del 2004. Con lui, de Meo fa rapidamente carriera: direttore marketing Lancia e poi del marchio, di Fiat (c’è lui dietro il lancio della nuova 500 insieme a Lapo Elkann nel 2007), di Alfa Romeo, di Abarth, direttore marketing del gruppo. Nel 2009 lascia improvvisamente Torino prima della fusione con Chrysler (Marchionne non glielo perdonerà mai) e approda a Wolfsburg quale direttore marketing del gruppo Volkswagen. De Meo impara il tedesco (quinta lingua, dopo italiano, inglese, francese e spagnolo) e sale ancora fino a entrare nel board di Audi con responsabilità sulle vendite mondo.
Il rilancio di Seat
È qui nel settembre del 2015 quando scoppia lo scandalo del dieselgate che travolge il gruppo Volkswagen. Lui, che non è un ingegnere, non viene sfiorato e anzi promosso in novembre a Barcellona: missione Seat, un marchio che da anni perde soldi e che qualcuno a Wolfsburg vorrebbe chiudere. A de Meo vengono dati 3 miliardi e un biglietto da presidente di sola andata: con lui il marchio spagnolo diventa profittevole, acquista il ruolo di sviluppatore di sistemi di micromobilità per l’intero gruppo, archivia un 2019 record, Cupra diventa un brand sportivo a sé.
Cina e Stati Uniti
Nell’ultimo anno e mezzo, de Meo va spesso in Cina per Seat e per conto del gruppo a chiudere accordi, un’area cruciale di mercato dove non ha mai lavorato direttamente, così come non l’ha mai fatto negli Stati Uniti. Due punti deboli nel suo curriculum, almeno sulla carta, che nell'autunno scorso non gli negano tuttavia la telefonata giusta. Per la quale il 7 gennaio lascia la presidenza di Seat, resta formalmente ancora nel gruppo tedesco per trattare con Wolfsburg tempi e modalità di uscita, fino alla nomina odierna. Au revoir à Paris.