Uber, la maggiore società americana e al mondo di taxi privati, ha dichiarato di aver ricevuto 3mila segnalazioni di aggressioni sessuali su 1,3 miliardi di corse negli Stati Uniti lo scorso anno. I numeri sono contenuti in un rapporto attraverso il quale la società vorrebbe raggiungere migliori standard di sicurezza dopo essere finita più volte sotto accusa.
I dati
"Dati difficili da digerire - ha dichiarato Tony West, Chief Legal Officer di Uber - che sono il riflesso della società in cui viviamo."
Attraverso il proprio report - in cui le violenze sessuali vengono catalogate per tipologia, e gravità - Uber intende in realtà sottolineare un calo del 16% del tasso delle violenze nel proprio circuito operativo rispetto all'anno precedente.
La compagnia di San Francisco ha dichiarato di sottoporre i conducenti a un controllo approfondito prima di farli accedere alla propria piattaforma. Dal rapporto emerge che un milione di drivers non sono riusciti a superare test nel 2017 e nel 2018 e che oltre 40mila sono stati rimossi per non aver superato ulteriori accertamenti sulla loro idoneità.
Problema troppo diffuso
Gli standard di sicurezza sulla violenza di genere delle aziende di ride hailing sono da tempo oggetto di critiche.
Anche Lyft, la principale concorrente di Uber ha dichiarato di essersi impegnata a pubblicare il proprio rapporto sulla sicurezza e a condividere informazioni sui conducenti non sicuri.
Solo nell'ultima settimana 19 donne hanno citato in giudizio Lyft per aver subito un'aggressione sessuale. La società californiana, prima concorrente di Uber, è stata accusata di non aver messo in atto misure di sicurezza adeguate. E soprattutto di aver ignorato o minimizzato le denunce delle donne violentate, secondo una denuncia depositata mercoledì presso la Corte Superiore di San Francisco. Anche Uber risulterebbe essere comportata in alcuni casi in modo analogo e diverse cause sono state chiuse soltanto con un arbitrato.