Uber potrebbe essere costretta a rallentare di molto la sua corsa verso le auto autonome e a pagare una cifra colossale a Waymo per la licenza di usare i suoi software. Lo scenario è stato confermato dagli stessi vertici della società di ride hailing (servizio di taxi con auto private) californiana nel corso della recente presentazione dei dati trimestrali a San Francisco.
Causa persa
La vicenda è nota e il suo inizio risale a un paio di anni fa. Uber è stata accusata di aver acquisito illegalmente una parte della tecnologia necessaria a far andare le vetture senza conducente sviluppata da Waymo. Personaggio chiave della vicenda è Anthony Levandowski, ingegnere ex Waymo licenziatosi per fondare una start up nello stesso settore, "Otto" che - poco dopo - è stata a sua volta acquistata da Uber. Peccato che tutta la tecnologia di "Otto", secondo le accuse, sarebbe stata sottratta dal suo fondatore a Waymo attraverso il furto di diversi computer e lo scarico illegale di altro materiale informatico, circa 14mila file.
La causa legale che ne è seguita - conclusasi a febbraio 2018 con un patteggiamento - ha visto il giudice di San Francisco William Aslup condannare Uber a pagare un risarcimento di 245 milioni di dollari e ha anche imposto che un esperto esterno valutasse se effettivamente le auto autonome messe in strada dal colosso del ride hailing usassero software sottratti ai rivali. La perizia è ancora in corso ma - come ha già ammesso Uber - presenta "risultati molto negativi per noi". In pratica, Waymo potrebbe reclamare il pagamento della licenza per il suo software utilizzato finora illegalmente.
"Avevamo tutto il diritto di fare causa a Uber - ha commentato un portavoce di Waymo - e il giudice ci ha dato ragione. Questa nuova scoperta - che il nostro software è usato illegalmente - non fa che confermarlo. Continueremo a tutelare in ogni modo i nostri diritti".