Ultimo aggiornamento  09 giugno 2023 05:50

Trabant, l'auto oltre il muro.

Massimo Tiberi ·

Il 9 novembre del 1989, esattamente 30 anni fa, cadeva il muro di Berlino, simbolo di un'Europa divisa fra oriente e occidente, due mondi che si contrapponevano politicamente, militarmente ed economicamente. Alla freddezza dei mattoni e del filo spinato che spaccavano in due il continente fa quasi da contraltare un altro simbolo, questo decisamente pacifico, che ha rappresentato in tutt'altra chiave la DDR, la Repubblica Democratica Tedesca, nell'immaginario collettivo. Nata nel 1957, la Trabant è la vetturetta che ha motorizzato una nazione, lontanissima dalle logiche di mercato occidentali e in produzione fino addirittura al 1991, superando la soglia dei tre milioni di unità costruite.

Nel corso della sua longeva carriera la Trabant ha diviso i ruoli con la assai meno nota Wartburg, più grande e di migliore qualità, ma riservata per lo più alla nomenklatura o a servizi come quello di polizia, considerando i costi elevati per la media dei redditi del Paese. Frutto di una lunga gestazione, nel tira e molla tra scelte tecniche e obiettivi politici, il progetto di una utilitaria popolare, realizzata con il massimo delle economie di scala, prende corpo dalle esperienze ereditate dai complessi industriali prebellici di Audi e Dkw nell’area di Zwickau in Sassonia.

Com'era fatta

Dopo limitati tentativi con modelli ripresi dalle vecchie produzioni risalenti agli anni Trenta, con la Trabant si cerca di offrire una “Volkswagen socialista”, essenziale, votata al risparmio, ma non priva di elementi ingegneristici interessanti. Anzitutto, la carenza nella disponibilità di acciaio, porta all'utilizzo per la carrozzeria del Duroplast, una resina rinforzata con lana, cotone e altre fibre naturali, ma per l’epoca sono significativi anche lo schema a trazione anteriore e le sospensioni a quattro ruote indipendenti, mentre i freni sono normali tamburi.

Il motore, che discende dai DKW e dalle origini motociclistiche, è un bicilindrico 500, due tempi, raffreddato ad aria da 18 cavalli. Rumoroso, afflitto da vibrazioni e altamente inquinante, vero terrore degli ecologisti, ha prestazioni modeste ed è accoppiato ad un cambio a quattro marce non sincronizzate con leva di comando al volante. Il design esterno, se così vogliamo chiamarlo, si ispira in sedicesimo (l’auto è lunga 3,37 metri) alle berline tre volumi occidentali; all'interno, finiture inesistenti e lo spazio è appena sufficiente per quattro. Però il vano bagagli è ampio.

Le versioni

Venduta a 7.450 marchi DDR e con tempi di attesa che superano spesso l’anno, la Trabant, la “compagna di viaggio”, si aggiornerà moderatamente durante la lunghissima vita. Dalla prima P50, si passerà alla 500 e alla P601, con cilindrata che salirà a 600, potenze fino a 26 cavalli, cambio sincronizzato, qualche lieve lifting nei tratti e una gamma arricchita da versioni wagon, commerciali e perfino cabrio. Svolta sorprendente l’adozione, nel 1988, del quattro cilindri “capitalista” 1.050 della Volkswagen Polo, ma un paio d'anni dopo il crollo del muro  esce di scena anche l’ultimo esemplare, dallo sgargiante colore ciclamino. Icona negativa per molti, la “Trabi” non ha mancato comunque di suscitare simpatie e qualche nostalgia.

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