Un campus universitario come il set di un film di fantascienza. E' quello di Pittsburgh, in Pennsylvania dove si trova la sede di Atg (Advanced Technologies Group), la divisione di Uber addetta alla progettazione delle vetture a guida autonoma destinate ad arrivare sul mercato del car sharing.
Tra i macchinari industriali e le auto robot in fase di assemblaggio, troviamo un gruppo di donne: a capo del progetto dell’Atg infatti, c’è la scienziata Raquel Urtasun, 43 anni, ricercatrice e docente in computer vision e machine learning dell’Università di Toronto.
Volvo in strada
Dal 2015 il suo gruppo ha lavorato a 5 diversi prototipi di auto. L’ultima è un’elegante Volvo bianca, che attualmente si aggira per le strade di Pittsburgh con un pilota di sicurezza al posto di guida, perché i veicoli automatizzati privi di un tecnico a bordo non sono ancora legali in Pennsylvania.
Urtasun attraverso una dimostrazione video in 3D - che sembra quasi un videogioco - espone come una delle sue auto a guida autonoma possa attraversare il traffico o rallentare per fermarsi alla vista di un semaforo rosso. La sicurezza è di primaria importanza per Uber, soprattutto in seguito all'incidente mortale del 2017, a Tempe in Arizona, in cui una vettura automatizzata ha investito una donna.
Team al femminile
La squadra di Raquel ha la responsabilità di creare un’intelligenza artificiale che renda la vettura senza conducente più sicura di quanto lo sia una guidata da un autista in carne e ossa.
Sebbene sia ancora in fase di sviluppo, Natasha Tan, capo-designer del team, sta lavorando ad un veicolo che possa essere più sicuro per le donne stesse, per esempio garantendo una migliore illuminazione all'interno e all'esterno del mezzo.
Ai vertici del progetto di Atg anche l’ingegnera israeliana Inmar Givoni, una vera e propria portavoce per le donne nel mondo della tecnologia; quando non lavora alle auto robot partecipa a convegni dando visibilità e sostegno alle colleghe scienziate emergenti.
Qualcosa si sta muovendo, nel mondo delle nuove tecnologie e dell’industria automobilistica, che ha finalmente aperto le porte alle donne.
Uber ora dà il buon esempio. Dopo aver attraversato momenti di crisi proprio per le accuse di sessismo che hanno raggiunto anche i vertici della società, ha adottato delle politiche aziendali inclusive: nel laboratorio diretto da Raquel, ci sono in totale 50 addetti, metà donne, metà uomini.