"Siamo sulla buona strada per stabilire il record di vendite, ma la vetta è raggiungibile solo se ci focalizziamo tutti sull'obiettivo", le parole di Elon Musk, numero uno di Tesla, scritte in un'email inviata in questi giorni ai dipendenti, puntano a riunire il team in un momento importante per la storia dell'azienda: la ex start up americana di auto elettriche - ora industria vera e propria - vuole consegnare per la prima volta circa 100mila vetture nel secondo trimestre che sta per concludersi.
Nonostante gli analisti l’abbiano data per morta numerose volte e il titolo abbia perso il 36,8% in Borsa nei primi sei mesi del 2019, Tesla oggi da lavoro a 45mila persone e vale all'indice telematico circa 40 miliardi di dollari.
Passare da start up a colosso industriale non è un passo di poco conto: secondo i dati del Global Entrepreneurship Monitor - l’istituto che studia i fenomeni imprenditoriali a livello mondiale - l'80% delle nuove società emergenti è infatti destinato a chiudere nei primi due anni di vita.
I robot di Mountain View
Il successo di idee nuove non è garantito nemmeno quando al centro c’è la questione mobilità. In molti ci hanno provato, solo qualcuno ci è riuscito. Il denominatore comune è l’incertezza del futuro. Waymo ne è un esempio: la società americana dedicata allo sviluppo di software per la guida autonoma ha iniziato la sua attività nel 2009 come azienda dipendente da Google.
L’idea sembrava folle: sviluppare un programma da poter installare su qualsiasi vettura per renderla completamente autonoma. In un capannone segreto del quartier generale secreto di Google a Mountain View, 15 ingegneri guidati da Sergey Brin, creano i primi algoritmi che cambieranno il futuro della mobilità.
Primi test su strada
I primi risultati concreti del progetto Waymo si vedono nel 2010: alcuni Stati americani esprimono preoccupazione, mancano infatti normative adeguate per far viaggiare, anche in via sperimentale, auto senza conducente sulle strade pubbliche. Pioniere negli Usa è il Nevada che nel 2011 approva una legge ad hoc. Dopo circa un anno una Toyota Prius modificata con la tecnologia driverless di Google può circolare nei dintorni di Las Vegas.
Oggi Waymo è una società indipendente da Google e ha partnership per la realizzazione di auto-robot con molti gruppi automobilistici, tra cui Fca, Renault-Nissan e Jaguar Land Rover. Rimane da chiedersi se in futuro i costruttori di vetture riusciranno a mantenere una propria indipendenza oppure se, nel lungo periodo, verranno inglobati da altri operatori, diventando semplicemente fornitori di box di lamiera “farciti” di software per poter essere venduti.
Uber tra burocrazia e futuro
Sul ring della mobilità di domani ci sono moltissimi giovani avversari. Uber è uno di questi e ha avuto un percorso più travagliato di quello di Waymo: è nato come una vera start up, senza poter quindi contare sui grandi fondi economici di un colosso come Google. L’idea alla base del progetto era quella di fornire un servizio di trasporto automobilistico privato gestibile dallo smartphone.
Il 2009 è l’anno della fondazione della società a fronte di un capitale iniziale di 250mila dollari, ma già nel 2010 gli annalisti stimavano il valore di Uber in circa 4 milioni di dollari. Oggi la società è quotata in borsa per una capitalizzazione di circa 73 miliardi di dollari, opera in 77 nazioni e più di 616 città in tutto il mondo. In Italia Uber c’è dal 2013, ma in seguito a diverse controversie legali - legate al problema della concorrenza sleale tra il servizio e i taxi con obbligo di licenza - è attualmente disponibile in alcune città solo nella versione più costosa “UberBlack”.