Il cambiamento climatico è questione politica. Alla prossima tornata presidenziali, nel 2020, il 38% degli elettori sceglierà il candidato alla Casa Bianca anche in base ai programmi che presenterà per ridurre l’impatto delle attività umane sull’ambiente, svela un sondaggio condotto dalla Yale e dalla George Mason University.
Carbon capture
La sensibilità "green" è più spiccata negli elettori del Partito Democratico: il 64% considera i temi ambientali importanti contro il 12% degli elettori Repubblicani. Il partito di Donald Trump è tradizionalmente vicino agli interessi dei gruppi petroliferi e il presidente, come è noto, nega il cambiamento climatico e ha definito il carbone “bello e pulito”.
Le aziende dell’energia e i costruttori di Detroit non si spingono fino a negare gli effetti dei combustibili fossili sulla qualità dell’aria, ma propongono rimedi graduali che proteggano sia l’ambiente sia i big dell’industria. Per esempio, la coalizione Ceo Climate Dialogue, di cui fanno parte anche Ford, BP, Shell e l’Environmental Defense Fund, punta sull’uso del gas naturale, sulle tecnologie di carbon capture (cattura e stoccaggio della CO2) e, in generale, su soluzioni per ridurre le emissioni di gas serra che arrivino dal mercato.
Decide il Congresso
Per sostenere il proprio punto di vista a Washington il Ceo Climate Dialogue ha speso l’anno scorso 55,8 milioni di dollari in attività di lobby, riporta Bloomberg. Ora il Senato Usa sembra pronto ad abbracciare le richieste sul carbon capture: alla Camera Alta del Congresso è attualmente in discussione una proposta di legge chiamata Use It Act che intende destinare un totale di 75 milioni di dollari alle aziende che studiano e impiegano questa tecnologia.
La prova della palla di neve
Lo Use It Act ha supporto bipartisan, ma uno dei maggiori sponsor è il senatore Repubblicano dell’Oklahoma James Inhofe, noto per la vicinanza all’industria petrolifera e per aver portato in Senato una palla di neve nel 2015 in replica a chi parlava di innalzamento delle temperature. Allora si era attratto la derisione del senatore Democratico del Rhode Island Sheldon Whitehouse; adesso, però, lo stesso Whitehouse si ritrova a dare appoggio alle annacquate proposte dei Repubblicani sul clima, perché - ha spiegato al Washington Examiner - il potere delle lobby è tale che leggi più severe non avrebbero alcuna possibilità di passare.
Allo stesso modo il Senato ha trovato un accordo oltre le divisioni di partito sul Carbon capture modernization act, una proposta che alleggerisce i requisiti sull’efficienza dei progetti legati allo sfruttamento del carbone purché prevedano la tecnologia di cattura della CO2.
California verso il 100% elettrico
I politici più progressisti non condividono le concessioni sul clima e puntano su un approccio più deciso. In California la Democratica Mary Nichols, presidente del regolatore statale Air Resources Board e da sempre impegnata nella lotta all’inquinamento, ha addirittura ipotizzato un divieto totale per i mezzi a benzina e diesel nel Golden State. In California – patria di Tesla - sono già state immatricolate più di 500mila auto ibride e a batteria: nessuno Stato Usa vanta questi numeri sull’elettrico. Ma lo Stato sul Pacifico resta famigerato per il traffico e la cattiva qualità dell’aria a Los Angeles, nella Bay Area (San Francisco) e nella centrale San Joaquin Valley.
La California ha fissato degli ambiziosi obiettivi (CAAQ) per abbattere CO2 e polveri sottili nell’aria, ma prevede un raggiungimento a crescere; gli standard di Washington (NAAQ), invece, impongono limiti meno severi ma da rispettare anno per anno e, come ogni legge federale, hanno la precedenza sulle regole locali.
Il paradosso è che lo Stato più verde d’America potrebbe trovarsi a fine 2019 a pagare all’amministrazione Trump la multa per aver superato il tetto sulle emissioni di gas che causano il riscaldamento globale.