E' arrivato il giorno dell'Ipo - il debutto in Borsa - anche per Uber. Dopo anni di chiacchiere e valutazioni da capogiro il valore di ogni azione della società di ride hailing (servizio di taxi con auto private) più grande del mondo è stato fissato a 45 dollari. In totale l'azienda fondata nel 2009 - che offre agli investitori circa 180 milioni di azioni e si augura di raccogliere 10 miliardi di dollari - varrebbe tra gli 81 e gli 82 miliardi di dollari. Si tratta del più ricco ingresso a Wall Street dell'anno e, potenzialmente, di uno dei dieci più importanti di sempre.
La quotazione è sensibilmente più bassa della valutazione rilasciata soltanto a dicembre 2018 dagli advisor finanziari che erano arrivati a parlare di un valore complessivo per Uber di 120 miliardi. Previsione poi drasticamente ridotta, tanto che nell'ultimo round di finanziamenti l'azienda di San Francisco veniva valutata non più di 76 miliardi.
Serve prudenza
La contrazione è figlia di diversi fattori. Intanto i risultati finanziari che sono buoni (l'azienda ha dichiarato in febbraio ricavi per 11,3 miliardi di dollari nel 2018, +43%), ma con bilanci ancora in rosso. Le perdite sono arrivate a 1,8 miliardi.
Altro motivo di prudenza il recente Ipo di Lyft, azienda concorrente di Uber. Quelli con i baffi rosa sono entrati a Wall Street il 29 marzo con una valutazione di 24 miliardi di dollari ma - dopo un inizio confortante e una crescita superiore all'8% - le azioni hanno perso quasi un quarto del loro valore (-23%).
Situazione tesa
A rendere la situazione ancora più incerta c'è lo sciopero dei driver di Uber, così quelli di Lyft e Juno, che sta quasi paralizzando l'attività della società in almeno 10 grandi città negli Usa e in alcuni altri Paesi del mondo, dall'Europa al Sud America. I contestatori chiedono di essere riconosciuti come dipendenti e non come "contractors" dalle aziende e un salario minimo prestabilito.