Un miliardo e 150 milioni di dollari. Tanto ha ricevuto Cruise - società di ricerca sulla guida autonoma di General Motors valutata ora circa 19 miliardi - per proseguire la sua rincorsa alle altre compagnie impegnate nel settore driverless.
Soldi freschi che arrivano, oltre che dalla casa madre, anche da investitori come i giapponesi di Honda (che hanno promesso 2 miliardi in 12 anni) e Softbank e da T.Rowe Price Associates, azienda di investimenti con sede a Baltimora nel Maryland. Serviranno a mantenere una promessa fatta da Dan Hamman, ex presidente di Gm passato a fare il ceo di Cruise: mettere in strada un servizio commerciale di mezzi condotti dall'intelligenza artificiale "nel corso del 2019".
I rivali
Un traguardo ambizioso, condiviso anche da alcuni agguerriti concorrenti di Cruise. Waymo, spin off di Google, è quello più avanti di tutti. I suoi taxi robotizzati viaggiano già da un po' per le strade di Phoenix, evitando anche gli scherzi di qualche misterioso sabotatore.
Elon Musk - uno che non si farebbe mai scappare un annuncio roboante - ha stupito tutti poche settimane fa promettendo entro il 2020, "un servizio con mezzi Tesla autonomi gestiti attraverso un rivoluzionario chip in grado di sostituire quegli stupidi lidar".
Crescita travolgente
Cruise è una delle società del settore ad aver avuto la crescita più rapida. Nata come start up con soli 40 dipendenti, oggi ne impiega 1.000 a San Francisco. E sta aprendo una sede a Seattle dove assumerne altrettanti, soprattutto ingegneri.
Ha preso a bordo persone come Arden Hoffman, una rampante manager che ha contribuito a creare la società di deposito dati Dropbox (di cui Cruise ha acquisito anche l'ex quartier generale al 333 di Brannan Street a San Francisco triplicando cosi gli spazi a propria disposizione) che per il suo nuovo datore di lavoro fa il direttore delle risorse umane. Aspettando di accendere i motori dei robotaxi entro l'anno.