Ultimo aggiornamento  28 maggio 2023 06:10

James Dean e la “Piccola bastarda”.

Giuseppe Cesaro ·

30 settembre 1955. Venerdì. Ore 17:45. Una Porsche nuova fiammante percorre la Route 466. È una 550 Spider argentata, ritirata dalla concessionaria soltanto nove giorni prima. Ha un rapporto peso/potenza incredibile per i tempi (pesa poco più di 600 chilogrammi, 1.500 di cilindrata, 123 cavalli, tocca i 220 all'ora, e va da 0 a 100 in 7.4 secondi) ed è stata customizzata dal leggendario George Barris. Segni particolari? Il numero 130 dipinto su cofani e portiere e il soprannome - “Piccola bastarda” - impresso sulla testata, proprio sotto il simbolo Porsche.

Due ragazzi in "barchetta"

A bordo, due poco più che ragazzi: Jimmy e Rolf. Il primo guida e ha 24 anni; il secondo di anni ne ha 28 e siede sul sedile accanto. Stanno andando a Salinas (California) per partecipare a una gara automobilistica che si correrà il giorno dopo. Cosa c’è di strano? Per Rudolf Karl “Rolf” Wütherich, nulla. È pilota e meccanico e, da qualche mese, la Porsche lo ha spedito negli Stati Uniti proprio per testare le 550 Spider. Per Jimmy, invece, qualcosa di strano c’è. Lui fa tutt’altra professione: l’attore. E con un certo successo, bisogna riconoscerlo. Ha cominciato da poco (quattro anni) e al suo attivo ha solo due film da protagonista. Protagonista, però, lo è diventato davvero. E non solo di quelle due pellicole, ma della scena internazionale. Sono bastati, infatti, “La valle dell'Eden” (regia di Elia Kazan) e “Gioventù Bruciata” (regia di Nicholas Ray), girati entrambi in quello stesso anno, per fare di Jimmy - all’anagrafe James Byron Dean (Marion, Indiana, 8 febbraio 1931: 88 anni fa esatti) - una delle stelle più luminose e amate dell’intero firmamento hollywoodiano e internazionale. Due sole pellicole, per entrare nel mito. E non uscirne mai più.

Pista galeotta

Rolf e Jimmy si conoscono il primo maggio 1955 sul circuito di Bakersfield. Da quel momento, fanno coppia fissa meccanico/pilota, assecondando la comune passione per le corse. Le major hanno vietato a Dean di correre, sia in moto che in auto. Troppo rischioso. Il “ribelle senza causa” (“Rebel Without a Cause” è il titolo originale di “Gioventù bruciata”), però, non ha alcuna intenzione di smettere. Al contrario: le gare lo attirano sempre di più. Quell’anno è già arrivato secondo alle Palm Springs Road Races (26-27 marzo), terzo assoluto e primo della sua classe alla Minter Field di Bakersfield (1-2 maggio), e, se il motore non lo avesse piantato in asso mentre era quarto, avrebbe portato a casa un altro trofeo alla Santa Barbara Road Races (28-29 maggio). E poi i due ragazzi non stanno affatto correndo. È una semplice tappa di trasferimento. All’inizio, l’idea era quella di rimorchiare la “Piccola bastarda” su un carrello trainato dalla Ford Country Squire del giovane attore. Rolf, però, ha ritenuto che fosse meglio rodare un po’ il motore prima della gara. Jimmy ne avrebbe approfittato per prendere confidenza con la nuova Porsche.

Controluce fatale

In effetti, lungo la strada, i due vengono multati per eccesso di velocità. Alle 15.30, poco a sud di Bakersfield, la polizia li ferma: andavano a 65 miglia (105 all'ora) in una zona dove il limite è 55 (88.5). Diciamoci la verità: si può chiamare “correre” questo? Cosa succede, allora, un paio d’ore più tardi, all’altezza di Cholame, quando la “Piccola bastarda” giunge nei pressi dell’incrocio tra 466 e 41? Difficile dirlo. La ricostruzione della dinamica dell’incidente non è chiara. E c’è addirittura chi sostiene che non fosse Dean quello al volante della Porsche. Una cosa, però, è certa: Donald Turnupseed – 23 anni, studente della California Polytechnic State University - sta viaggiando sull’altra corsia in direzione contraria, a bordo di una Ford Tudor bianca e nera. Probabilmente a causa della luce bassa del sole, dell’assetto - basso anch’esso – della “barchetta” di James e Rolf e del colore grigio metallizzato della carrozzeria, che si confonde con luce e asfalto, lo studente non vede arrivare la Spider e decide di svoltare a sinistra, attraversare la 466, e immettersi sulla 41. Impatto inevitabile: conseguenze drammatiche. Non per tutti, però. Lo studente del Politecnico, stordito ma sostanzialmente illeso, se la caverà con qualche graffio. Rolf, sbalzato fuori dall’auto, riporterà gravi lesioni a femore e anca: operato d’urgenza, sopravviverà. Per Dean, invece, non ci sarà niente da fare. Trasportato, privo di sensi, al Paso Robles War Memorial Hospital (a una cinquantina di chilometri dal luogo dell’incidente) morirà all’arrivo in ospedale. Collo spezzato, lesioni interne e fratture multiple, si legge sul certificato di morte.

La velocità non c’entra

La grande passione per le corse e l’immagine di ribelle spericolato del protagonista di “Gioventù bruciata”, alimenteranno a lungo la convinzione che l’incidente sia stato causato dall’alta velocità. Sembra, però, che non sia così. Secondo quanto più volte dichiarato dal poliziotto che per primo raggiunse il luogo dell’incidente – Ron Nelson – “i segni della frenata indicavano che la Porsche non viaggiava a più di 55 miglia all’ora (88,5 chilometri orari): velocità consentita in quel tratto”. Anche perché, se fosse andata a 90 miglia (145 all'ora), come qualcuno aveva sostenuto, ha rilevato Nelson, “di quella Porsche non sarebbe rimasto nulla”.

Profezia da Guinness

La storia, però, non finisce qui. Facciamo un piccolo passo indietro e vediamo cosa succedeva una settimana prima a Los Angeles, nel racconto di uno dei protagonisti di una serata decisamente particolare. “Ho conosciuto James Dean proprio la prima sera che sono arrivato a Hollywood. È successo in una circostanza davvero molto, molto strana. Ero arrivato in aereo, dopo un volo di sedici ore. Era venuta a prendermi Grace Kelly insieme a dell’altra gente, ma avevo capito subito che, per quella sera, sarei rimasto solo. Una donna che conoscevo mi telefona e mi dice: “Lascia che ti porti a cena io”. Giriamo molti posti, ma lei indossa dei pantaloni e nei ristoranti più alla moda di Los Angeles non la fanno entrare… - sarà stato il 1952 o ‘54 [era il ’55, Ndr.] … - comunque alla fine proviamo con un ristorantino italiano, che però è pieno… ‘Non ti preoccupare – le dico. Mi accontento di un hamburger in un posto qualunque’. Cominciavo ad avere un po’ fame. In quel momento, sentiamo un rumore di passi che si avvicinano. Era James Dean. ‘Ero nel ristorante nel quale non siete riusciti a trovare un tavolo’, dice.

Mi chiamo James Dean: perché non vi unite a me?’. ‘Volentieri – dico  – molto gentile da parte tua’. E, così, torniamo verso il ristorante. ‘Prima di entrare, però - ci dice - devo farvi vedere una cosa… ho appena comprato una macchina nuova…’ Era lì, nel giardino di questo ristorantino. Non so che genere di auto fosse. Era grigia e molto bella, con un mazzo di rose legato sul cofano. ‘A che velocità può arrivare?’, chiedo. E lui: ‘Beh, può toccare i 240’. ‘L’hai già guidata?’. ‘No: non ci sono ancora salito’. In quel momento, accade qualcosa di molto strano. Con una voce piuttosto diversa dalla mia dico: ‘Accetto volentieri il tuo invito a cena ma devo dirti una cosa: ti prego: non salire su quella macchina. Perché se lo farai –  guardo l’orologio – oggi è giovedì [in realtà era venerdì, Ndr.] e sono le dieci di sera e, alle dieci di sera di giovedì prossimo, tu sarai morto”. James ride, con un’espressione che significa ‘non credo a queste stupidaggini’. E, così, entriamo e ceniamo… una cena decisamente piacevole… Il giovedì successivo, però, nel pomeriggio, lui morì in auto: in quell’auto!”.

Parola di Jedi

Chi è l’autore di questa inquietante profezia? Sir Alec Guinness – uno dei più grandi attori inglesi del Novecento. 50 film in 49 anni di attività, 2 Oscar (1958: migliore attore, per “Il ponte sul fiume Kway”; 1980: Oscar onorario) e una serie di titoli indimenticabili come “La signora omicidi” (1955), “Il nostro agente all'Avana” (1959), “Lawrence d'Arabia” (1962), “Il dottor Živago” (1965), “Invito a cena con delitto” (1976), “La talpa” (1979), “Il piccolo Lord” (1980), “Tutti gli uomini di Smiley” (1982), “Passaggio in India” (1984). Vi stupite che un tale personaggio sia capace di simili profezie? Vi sbagliate. Avete forse dimenticato che, nella trilogia originale di “Guerre Stellari”, Guinness interpreta Obi-Wan Kenobi, il saggio maestro Jedi, mentore di Luke Skywalker? Si può mettere in dubbio la parola di un maestro Jedi? Evidentemente, sì. A che prezzo, però.

Miti immortali

Non c’è dubbio che l’aria da “bello e dannato” e una morte così drammatica e, soprattutto, così prematura abbiano contribuito a proiettare Dean nell’empireo riservato non alle star e nemmeno alle super-star ma solo ai pochissimi che eleviamo al rango di miti, destinandoli all’immortalità. Come per Marilyn Monroe (morta a soli 36 anni), Che Guevara (39), John Lennon (40) o Elvis Presley (42) - e, ancora di più, per il famoso “Club dei 27” (Brian Jones - fondatore dei Rolling Stones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison e, in tempi più recenti, Kurt Cobain e Amy Winehouse, morti tutti a 27 anni) - resta da chiedersi se il passare del tempo non avrebbe finito con l’appannarne l’immagine, scalfendone l’aura anche solo di quel quid sufficiente a relegarli – si far per dire – allo status di “semplici” super-star. Ma è una domanda destinata a rimanere senza risposta. Cosa che alimenta ulteriormente il mito e continua a spingere tutti loro verso le regioni più remote di quell’empireo incantato.

Nomination postume

James Dean sarà il primo attore a ottenere nomination postume: Oscar e Bafta nel 1956, per “La valle dell'Eden”; Bafta 1957 per “Gioventù Bruciata”; Oscar 1957 per “Il Gigante”. Nel 1956 otterrà un Golden Globe postumo come il miglior attore. L'American Film Institute lo ha inserito al diciottesimo posto tra le più grandi star della storia del cinema.

"Sogna come se vivessi per sempre. Vivi come se morissi oggi”, era il motto di JD. È stato di parola. Ha vissuto il suo sogno. E, da quando lui non c’è più, noi non abbiamo più smesso di vivere il nostro: quello di un ragazzo dal ciuffo ribelle, sguardo struggente e sorriso imbronciato al quale erano bastati due film per toccare il cielo. E farlo toccare anche a noi.

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