La Ferrari dovrà correre. E meglio di quanto ha fatto in Formula 1 negli ultimi Gp di Monza e Singapore. Lo dicono i numeri. Lo dirà nelle prossime ore anche il nuovo ceo Louis Camilleri presentando a Maranello il business plan 2018-2022. D’altronde la linea di traguardo che ha lasciato Sergio Marchionne è di quelle che non ammette esitazioni e necessita di una pole position da tenere dall’inizio alla fine. A partire dai 2 miliardi di euro di Ebitda rettificato (utile), il doppio di quello del 2017. Le stime per il 2018 sono di 1,2 miliardi. Tanto. Tantissimo. Un risultato che dovrà essere raggiunto entro il 2022. Tre anni e poco più.
Altri volumi
Per farlo bisognerà far crescere i volumi fino a 12mila Rosse rispetto alle circa 9.200 che dovrebbe totalizzare a fine 2018 (nel 2017 sono state 8.398). È probabile che per raggiungere il target, Ferrari dovrà cedere alla moda del momento e produrre il primo suv della sua storia. O qualcosa di simile. Oggetto superesclusivo da oltre 350mila euro. Difficile da accettare per i puristi di un marchio come quello di Maranello.
Convincere borsa e analisti
Ma non solo. Camilleri dovrà convincere nelle prossime ore soprattutto borsa e analisti. Sergio Marchionne su questo non ha mai avuto rivali, facendo sognare anche l’ingessato mondo finanziario. Il titolo Ferrari corre a 114,5 euro (a gennaio 2016 era a 44 euro). La capitalizzazione è qualcosa che a Camilleri (e a John Elkann) non può far dormire sonni tranquilli: 22,2 miliardi di euro. Tradotto, circa 30 volte l’utile. Nessun marchio automobilistico riesce a fare altrettanto. Neppure Tesla - che pure ha una valutazione a Wall Street molto fuori dai tradizionali canoni finanziari - raggiunge questi valori. La forza delle Rosse. La forza di un sogno che Camilleri deve continuare ad alimentare.