Ora è ufficiale: Volkswagen smetterà di produrre il Maggiolino. La notizia arriva direttamente dalla casa madre che fermerà la produzione nello stabilimento di Puebla, in Messico, a luglio 2019. Lo stop segna un punto di svolta dopo 80 anni di storia di una vettura che, voluta da Adolf Hitler, diventò un pilastro della cultura popolare degli anni ’60 e ’70 - soprattutto in America - per arrivare ai giorni nostri come vero e proprio mito della mobilità. Tre generazioni, 1938, 1997 e quella attuale del 2011. Ufficialmente, le motivazioni dello stop sono economiche: “Le risorse del colosso tedesco si concentreranno sullo sviluppo di altri modelli, incluse le elettriche”, ha spiegato Hinrich Woebcken, amministratore Delegato di Volkswagen Group of America. In realtà, per il costruttore è sempre più complesso vendere una berlina a tre porte in tempi di suv e crossover.
Semplice e robusta
La prima Volkswagen della storia può annoverare numerose caratteristiche che l’hanno resa unica da sempre. Uscita direttamente dalla matita di Ferdinand Porsche, si è dimostrata una vettura tecnologicamente avanzata per i suoi tempi. Tra i motivi, c’è una meccanica semplice e robusta che non ha reso necessarie nel corso della sua lunga carriera delle modifiche strutturali. Sono 78mila gli interventi fatti in 80 anni, il più invasivo? Le sospensioni anteriori MacPherson nel 1970. Una vettura che, all’apice della sua carriera, vendeva in tutto il mondo più di un milione di auto all’anno e che ha raggiunto il record di 21 milioni e mezzo di unità prodotte.
Auto del popolo e star hollywoodiana
La Beetle ha attraversato la storia vestendosi da auto del popolo, da musa ispiratrice di grandi artisti, da star hollywoodiana. E’ stata l’auto pensata per il popolo da Hitler, è stata soggetto di opere e installazioni di Andy Warhol, Don Eddy, Tom Wesselmann e di molti altri artisti, protagonista assoluta come Herbie, nel film Disney “Un maggiolino tutto matto”. Nel 1958 i tecnici tedeschi la portarono a Torino per affidare il restyling a Battista Farina che la sottopose all’analisi del figlio Sergio. Dopo qualche settimana arrivò il riscontro: “È perfetta così, perché volete cambiarla? L’unica cosa su cui intervenire è forse l’ampiezza del lunotto posteriore”. Detto fatto.
Oltre i confini
Il Maggiolino ha attraversato gli oceani distruggendo ogni confine. Successo assoluto sul mercato nordamericano, dove arrivò per la prima volta nel 1949, è stato amore a prima vista anche per i messicani. La macchina era allegra, economica, affidabile e poteva essere riparata con un cacciavite e un martello. Nel 1973, una vettura su tre venduta in Messico era un “Vocho”. A Città del Messico non c’era taxi che non fosse un Maggiolino e questo trasformò la vettura in un simbolo di quella parte dell’America Latina.
Ultime due edizioni
La produzione si concluderà con due edizioni speciali, con colorazioni inedite, cerchi dedicati e dettagli stilistici ispirati alle edizioni più significative del passato. Certo, fa effetto dire addio al Maggiolino. La storia ciclicamente torna e sicuramente questa vettura ne fa parte. Sarebbe bello vederne una nuova serie per il futuro, magari elettrica: “Mai dire mai”, conclude Woebcken.