Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti del Giappone punta il dito verso Mazda, Suzuki e Yamaha. Che, dopo Nissan nel luglio scorso, hanno ammesso di aver alterato i test di inquinamento di alcuni veicoli commercializzati soltanto sul mercato interno.
La notizia è stata riportata dal quotidiano Nikkei ed è l'ultimo episodio di una serie crescente di manipolazioni nel settore che sta gettando nuove ombre sulla efficienza e trasparenza dell'industria automobilistica del Sol Levante.
Non è una novità
I rappresentanti di Mazda e Suzuki hanno confermato di aver presentato al Ministero rapporti falsati e di aver misurato erroneamente le emissioni di scarico e il consumo di carburante. La stessa Yamaha, casa produttrice di moto e di motori marini, ha ammesso le proprie colpe precisando che "ci sono state azioni improprie. Ci scusiamo per l'accaduto."
Anche Nissan, lo scorso mese, ha riconosciuto di aver misurato erroneamente le emissioni di scarico e il consumo di carburante per 19 modelli di veicoli venduti in Giappone. Un caso analogo era accaduto nel 2016 e aveva coinvolto la Mitsubishi, che andò in crisi facilitando l'acquisizione da parte del gruppo Renault-Nissan.