La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, che ha coinvolto anche l'industria dell'automobile (Trump minaccia nuovi dazi oltre quelli già imposti sull'import cinese praticamente ogni giorno), è la dimostrazione che la Cina è oggi il concorrente numero uno degli Usa.
Sull'auto elettrica il colosso asiatico si è già messo in pole position: secondo i dati diffusi dall'Agenzia internazionale dell'energia (Aie), l'anno scorso nel mondo circolavano 3,1 milioni di veicoli elettrici (+54% rispetto al 2016) di cui il 40% immatricolati in Cina. Nel 2017 sono state vendute più di 1 milione di auto elettriche, un dato record di cui la Cina è la prima artefice: più della metà dei nuovi veicoli a impatto zero sono stati acquistati nel paese asiatico.
Boom mondiale nel 2030
Gli Stati Uniti inseguono. Sono il secondo maggior mercato mondiale dell'auto elettrica, ma con 280.000 unità vendute nel 2017 il loro mercato è poco più della metà di quello cinese. L'Aie stima che il parco elettrico mondiale circolante nel 2019 toccherà i 9 milioni di unità che saliranno a 13 milioni nel 2020 e a 125 milioni nel 2030. Sicuramente la quota di immatricolazioni green degli "altri paesi" diventerà più rilevante, ma per ora il testa a testa è tra Usa e Cina.
Il passo indietro di Trump
Anche il mercato americano dell'auto a basse emissioni cresce a ritmi veloci: le immatricolazioni del 2017 sono state del 75% superiori a quelle del 2016 (160.000). Le politiche di Trump, però, non aiutano a colmare il divario con la Cina. Nel suo studio l'Agenzia internazionale dell'energia spiega che lo stimolo al mercato dell'auto elettrica arriva principalmente da quattro fattori: diminuzione dei prezzi delle batterie, avanzamento tecnologico (soprattutto per i sistemi di ricarica), sostegno del governo e impegno delle case automobilistiche. La Cina è il primo fornitore di batterie su scala mondiale, le sue imprese hanno fatto enormi passi in avanti sullo sviluppo tecnologico, il governo incentiva l'acquisto dell'auto elettrica per i consumatori e ha imposto ai costruttori che vendono in Cina di inserire quote crescenti di auto a emissioni zero nel loro portafoglio. Pechino ha anche deciso di ridurre da luglio le tariffe sulle importazioni di auto (dal 25% al 15%) e componenti (al 6%). Per l'Aie, le carte sono tutte in regola: la Cina continuerà a crescere.
Al contrario, il passo indietro di Trump sugli standard per le emissioni inquinanti peserà negativamente: come preannunciato nei mesi scorsi soprattutto dall'Epa, l'agenzia federale per la protezione dell'ambiente, Washington ha cancellato le norme volute dall'ex presidente Barack Obama e per l'Aie "la decisione ridurrà probabilmente l'adozione delle auto elettriche su scala nazionale".
Tesla ringrazia la Cina
Nel 2012 Obama aveva fissato per i costruttori d'auto un limite medio di efficienza energetica di 54,5 miglia per gallone di benzina e standard sulle emissioni di CO2 a 163 grammi per miglio entro il 2025 su tutti i loro veicoli. Mentre Washington rinnega questi obiettivi ritenendoli "irrealistici", Pechino prepara un futuro in cui (probabilmente dal 2030) le immatricolazioni di auto a benzina e diesel non saranno più consentite.
L'America ha i suoi campioni dell'auto elettrica, come Tesla, che infatti è la prima azienda a ringraziare Pechino per la nuova legge che consente ai costruttori esteri di produrre su suolo cinese senza necessariamente creare una joint venture con partner cinesi. Anche le case tradizionali come General Motors puntano sulle emissioni zero: la Ceo Mary Barra, per esempio, ha annunciato 20 nuovi modelli full-electric entro il 2023 da commercializzare "in tutto il mondo". Forse più in Cina che negli Stati Uniti?