Secondo il Peterson Institute for International Economics, se l'amministrazione Trump imponesse nuovi dazi su auto e componenti importati dall'Unione europea, costerebbero il posto di lavoro a quasi 200.000 americani; se ci fossero anche Messico e Canada, i due maggiori partner commerciali, sarebbero polverizzati fino a 625.000 posti di lavoro sempre negli Stati Uniti.
E' lo scenario peggiore dopo che in Europa sono entrati in vigore nuovi dazi del 25% su una lunga lista di prodotti americani, una replica diretta dell'Unione europea alle tariffe imposte dagli Stati Uniti alle importazioni di acciaio e alluminio. Tra i beni Made in Usa colpiti dall'Unione europea ci sono le moto Harley Davidson, mentre le auto rimangono per ora tassate al 10%. Troppo comunque, aveva detto in passato Trump, visto che negli Usa il dazio sulle automobili importate è del 2,5%. L'ultima minaccia agli europei è in questo tweet: "Imporremo un dazio del 20% su tutte le loro automobili che entrano negli Usa. Le costruiamo qui!".
I conti di Trump
I maggiori esportatori di auto e componenti verso gli Stati Uniti sono il Messico (24% del totale) e il Canada (22%), seguiti dal Giappone (21%), dalla Germania (11%) e dalla Corea del Sud (8%). Per l'industria automobilistica gli Stati Uniti sono il primo mercato di sbocco, assorbendone il 25% dell'export.
Su scala globale, gli Usa l'anno scorso hanno importato 8,3 milioni di veicoli per un valore di 192 miliardi di dollari e hanno esportato 2 milioni di veicoli per 57 miliardi. Trump pensa di rimettere le cifre in pareggio, ma se vuole proteggere le "grandi imprese e i grandi lavoratori" d'America, dovrà fare bene i suoi calcoli: i costruttori tedeschi hanno 36.000 addetti negli Usa, quelli giapponesi oltre 90.000 e la svedese (ma di proprietà cinese) Volvo, che ha appena aperto una fabbrica in South Carolina, ha detto che eventuali barriere commerciali potrebbero rendere difficile rispettare il piano di 4.000 assunzioni.