LE MANS - Edizione numero 86 della 24 ore di Le Mans: dopo 22 ore e 20 minuti in cui le due Toyota in gara si sono alternate al comando, in una corsa che sembra completamente autonoma rispetto alle altre auto, ecco che la Toyota n. 7, in quel momento in seconda posizione, rallenta vistosamente sulla pista. Dalle telecamere televisive sembra ci siano problemi al cambio poiché rimane inserita solo la prima marcia e non supera gli 80 km/h. La paura che anche quest’anno si ripeta la dannata maledizione della Toyota, mai vincitrice a Le Mans fino a questo momento, inizia a serpeggiare fra i suoi tifosi. Ma quest’anno il costruttore giapponese è prima: l’incantesimo si è spezzato e il “rookie” si è trasformato in Principe. Sì, perché la 24 ore di Le Mans è magica.
L’anno dei “rookie”
Per la 24 ore ci sono 24 piloti che hanno corso anche in Formula 1 e ben 40 “rookie”, il pilota esordiente in questa gara, tra i quali personaggi che proprio debuttanti non sono: Alonso, Button, Montoya, Maldonado, di Resta, Giovinazzi, Nasr. Un’unica donna, Christina Nielsen, al volante nella categoria GTE AM della Porsche 911 RSR di EbiMotors e alcuni figli di padri illustri: Mathias Lauda, Alex Brundle, Harrison Newey, Eddie Cheever III. Corre anche Mark Patterson, il più vecchio con i suoi 66 anni.
Riti e tradizione
Ma quest’anno i riflettori erano tutti puntati su Alonso e sulla Toyota. Il pilota di Formula 1, con questa vittoria, ha ipotecato la Tripla Corona, titolo che fu di Graham Hill e che, per aggiudicarselo, prevede la vittoria di un Campionato di Formula 1, di Indianapolis e della 24 ore di Le Mans. Tanta roba. È stata al solito una gara fatta di riti, tradizioni e colpi di scena. Poco prima dell’inizio viene suonato l’inno nazionale francese e il cielo è rotto dal rombo e dai colori della pattuglia acrobatica delle frecce tricolori. C’è poi la bandiera sventolata per segnare l’inizio della gara. Tocca a Rafael Nadal che la riceve dai paracadutisti che si calano dalle corde di un elicottero che sorvola il podio. E poi c’è la Cavalcata delle Valchirie e la musica di 2001 Odissea nello Spazio che aumentano la solennità di quella che sembra quasi una cerimonia religiosa. Quando parte la gara già si sa che ci saranno safety car, incidenti, forature, rotture e ogni genere di imprevisto.
Alla terza ora
Questa edizione non è molto diversa dalle altre e già si inizia subito con uno spavento: dopo poche centinaia di metri Andrè Lotterer, sulla Rebellion n. 1 tocca il posteriore della Toyota n. 8, di Buemi. Fortunatamente è tutto a posto e, passata la paura, la TS050 fa subito il vuoto. Alla terza ora ecco che debutta Alonso. Le due Toyota hanno un altro passo, grazie anche al motore ibrido consumano di meno e hanno bisogno di meno soste. Sembra non esserci storia. Arriva il tramonto e poi la notte, un momento davvero speciale, con le luci delle macchine che sembrano tagliare l’aria e il rombo dei motori che diventa ossessivo ma non se ne può fare quasi a meno.
Il Gazoo Racing Team
E’ durante la notte che Alonso recupera i due minuti di distacco che ha la sua TS050 dalla n. 7 con Lopez alla guida. Lo supera e poi lascia il volante a Nakajima. Tutti i piloti in pista sono instancabili, giro dopo giro, accompagnano le auto fino alle prime luci dell’alba che sono quelle più insidiose e infatti ci sono diversi minuti in cui sono attive le slow zones, dovute a incidenti o rotture. E’ anche il momento in cui entrambe le Toyota prendono 1 minuto di penalità per eccesso di velocità proprio nei punti in cui bisogna andar piano. Ma alla fine la vera regina dell’edizione 2018 è il Gazoo Racing Team di Toyota con la TS050 Hybrid di Alonso-Buemi-Nakajima davanti alla sorella di Conway-Kobayashi-Lopez. E proprio perché è la prima volta che Toyota vince il titolo, sarà parata d’onore.