Samsung, colosso coreano dell’elettronica, ha investito oltre mezzo miliardo di dollari sulla piattaforma Drvline con l’obbiettivo di diventare leader nel mercato dei sistemi di assistenza e automazione dei veicoli. L’intento del gruppo non è quello di avviare una produzione propria di auto robot, ma di brevettare un’intelligenza artificiale esterna in grado di sostituirsi al guidatore e venderla ai costruttori di veicoli.
Lo scopo è produrre la maggior parte dei dispositivi che verranno installati sui veicoli autonomi, avvalendosi dei maggiori esperti mondiali del settore. Come annunciato nel Ces di Las Vegas 2017, il gruppo aveva acquistato tra l'altro per 8 miliardi di dollari la Harman Kardon, società statunitense che, oltre a realizzare impianti stereo professionali, si occupa anche di sistemi avanzati per la connettività delle vetture.
Come funziona
Drvline è un sistema realizzato dalla Harman con il supporto tecnico di WayRay, società svizzera che produce display, in grado di sfruttare gli ologrammi della realtà aumentata per evitare ostacoli e pedoni. Fornisce in tempo reale informazioni su velocità media, segnaletica stradale, sicurezza dei passeggeri e avverte di eventuali problemi al motore e all’impianto frenante.
Inoltre, attraverso la geo-localizzazione, consente di visualizzare sul cruscotto i punti di interesse più vicini. Samsung ha creato così un reparto industriale specializzato esclusivamente nella ricerca e lo sviluppo di intelligenze artificiali da applicare alle auto robot. Il colosso coreano dell’elettronica, che è in grado di realizzare 44 mila smartphone ogni ora, vende oltre 660 milioni di dispositivi connessi all’anno, coprendo il 19% del mercato globale.
"Non partiamo da zero"
Dave Anderson, direttore del centro di sviluppo tecnologico di Samsung, ritiene la guida autonoma un passaggio fondamentale per l’industria auto: “i veicoli sono diventati una sorta di smartphone a quattro ruote, necessitano quindi di software in grado di interagire con l’uomo e, perché no, anche di sostituirlo – continua Anderson – Non iniziamo da zero. I problemi che dobbiamo risolvere sono di natura simili a quelli che abbiamo già affrontato e risolto in passato con i telefoni cellulari”.