Ultimo aggiornamento  02 giugno 2023 20:08

Audi 100, figlia del '68.

Massimo Tiberi ·

La rinascita del marchio Audi, che eredita l’emblema dei quattro anelli del gruppo Auto Union degli anni Trenta e che entra nell’orbita Volkswagen all’inizio dei Sessanta dopo un passaggio sfortunato in Daimler-Benz, prende corpo nel 1965 con la 72, modello di classe media che vuole subito distinguersi per contenuti che oggi definiremmo “premium”. Ma è nel 1968, con la 100 - ora al traguardo delle cinquanta candeline - che un ulteriore salto di qualità, e le ambizioni innovative di un tecnico determinato come Ludwig Kraus, gettano le basi di una vocazione che si confermerà via via fino ai nostri giorni.

Cavalli da domare

L’avvio della produzione vede in campo una berlina dalle dimensioni all’epoca riservate alla fascia alta del mercato (4,60 metri di lunghezza) e dalle molte soluzioni raffinate, a partire dalla cura aerodinamica e dall’attenzione al contenimento dei pesi (poco più di 1.000 chili), nonostante i tratti estetici classici e le prerogative di un’auto ricca negli equipaggiamenti e dagli allestimenti di tono superiore.

La trazione anteriore, simbolo dell’Audi dagli albori della Front del 1933, unita ad un motore 1,8 litri da 80 a 100 cavalli (da qui la sigla della vettura) e a sospensioni confortevoli, ne fanno una stradista “autorevole”, facile da guidare e dai consumi contenuti. Alle versioni a due e quattro porte si aggiunge nel 1970 la coupé 100 S, con cilindrata portata a 1.900 e 115 cavalli.

Ammiraglia dell'aerodinamica

Il progetto si evolve con la seconda generazione del 1976 che, dopo il notevole successo commerciale del modello precedente, interpreta ormai il ruolo di ammiraglia del gruppo, con la gamma che si amplia alle versioni cinque porte Avant, interpretazione stilisticamente dinamica della formula wagon, e l’arrivo degli anticonvenzionali  cinque cilindri 2,1 benzina e due litri diesel.

Nel 1982 debutta la terza serie, Auto dell’Anno, dall’aerodinamica record (CX 0,30 per una lunghezza intorno ai 4,80 metri) e si affiancano la più sportiva 200 e poi la lussuosa V8, mentre la svolta tecnologica è segnata dalle varianti sovralimentate e dalla trazione integrale, destinata a diventare il nuovo simbolo del marchio.

La piena maturità viene raggiunta con la quarta generazione del 1990, quando la 100 tocca il suo “stato dell’arte”, con i motori quattro valvole, il V6 e il V8 per la S4 4,2 litri, ma già nel 1994, dopo un restyling, la sigla diventa A6, mentre il ruolo al vertice Audi passa alla A8.  

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