Tesla, Waymo, Apple, Uber, sono queste le aziende (sede in California) con cui facciamo coincidere la rivoluzione della mobilità elettrica e driverless. Ma la storia dell'auto a guida autonoma è più vecchia di quasi un secolo: nel 1926, Francis Houdina, ingegnere elettronico dell'esercito degli Stati Uniti poi divenuto imprenditore, diede dimostrazione a New York di un'automobile radiocomandata. Funzionava grazie a un'antenna sul veicolo e attrezzature elettroniche che Houdina teneva in un'altra macchina da cui dirigeva lo spettacolo.
La Depressione aguzza l'ingegno
Pochi anni dopo, J.J. Lynch e il suo socio Robert E. Autrey, veterani dell'esercito Usa rimasti senza sussidio pubblico dopo il crack del 1929, organizzavano show mozzafiato e a volte rocamboleschi in giro per gli Stati Uniti portandosi in valigia il necessario (apparecchiature radio) per trasformare qualunque modello di automobile in una "driverless car" - proprio così la definì il quotidiano Evening Sun di Hanover, Pennsylvania, anche se per il pubblico si trattava di una "Phantom car", un'auto fantasma. Lynch e Autrey non erano gli unico ex della Prima guerra mondiale con competenze nell'ingegneria e passione per le auto telecomandate: prima di loro, nel 1927, l'ex operatore radio della Marina americana R.L. Mack aveva portato sulle strade di Los Angeles un veicolo driverless.
L'era del computer
In tutti questi casi, però, l'auto autonoma era comandata a distanza da un altro veicolo. Il vero "salto" verso l'auto-robot avvenne diversi anni più tardi grazie a John McCarthy, scienziato informatico che insegnò anche alla Stanford University, California, ed è considerato uno dei padri dell'intelligenza artificiale e della scienza "cognitiva". Nel 1969 McCarthy firmò uno studio intitolato “Computer-controlled cars" in cui descrive automobili controllate dal software con un “autista automatico”, capacità di navigazione abilitate da telecamere e una tastiera da cui l'utente nell'abitacolo digita la destinazione e gestisce il veicolo.
Coast-to-coast senza mani
Dalla teoria alla pratica, nel 1989 Dean Pomerleau, ricercatore della Carnegie Mellon University di Pittsurgh e autore di una tesi sulle reti neurali (forma avanzata di intelligenza artificiale), crea un prototipo di auto autonoma col nome Navlab e un veicolo di test, Alvinn (Autonomous Land Vehicle In a Neural Network) adattando un'ex ambulanza dell'esercito. Si tratta, per la prima volta, di veicoli guidati da software. Nel 1995, insieme al collega Todd Jochem, Pomerlau completa un viaggio driverless coast-to-coast dalla Pennsylvania alla California: 2.797 miglia (circa 4.400 chilometrii) a bordo del modello evoluto Navlab5. Slogan dell'impresa: “No hands across America" (niente mani sul volante).
Prima di Google c'è l'Italia
In questa storia scritta dagli Stati Uniti c'è un capitolo in cui è protagonista l'Italia. All'Università di Parma, fin dal 1991, il professore di Ingegneria informatica Alberto Broggi sperimenta la guida autonoma grazie alla startup che ha fondato, VisLab. VisLab mette a punto un prototipo di veicolo driverless con cui effettua il primo viaggio intercontinentale della storia in modalità cento per cento autonoma, dall'Italia alla Cina, circa 15.000 km. Ma in Italia mancano i capitali e le leggi che agevolano la sperimentazione: nel 2015 VisLab viene comprata dagli americani di Ambarella per 30 milioni di dollari.
Appuntamento al 2019
Si torna dunque in California e si approda agli Anni 2000, quelli dei colossi della Silicon Valley. Nel 2009 nasce il progetto per le auto driverless di Google, affidato a Sebastian Thrun, ex direttore dello Stanford Artificial intelligence laboratory. Le iniziative di Google sulla guida autonoma confluiscono successivamente nello spin-off Waymo, mentre nell'arena entrano sia concorrenti innovativi - da Tesla a Uber - sia costruttori tradizionali, tutti al lavoro sull'auto-robot. Che però non esiste in commercio: l'automazione di livello 5, quella dei veicoli senza volante e pedali interamente gestiti dal software, non è pronta per il mercato, servono tecnologie ancora più sofisticate e sicure, normative ad hoc e l'accettazione del pubblico. Ma l'appuntamento si avvicina: per il 2019 General Motors ha annunciato che venderà la Cruise AV, auto autonoma di livello 4, e poi, tra il 2020 e il 2021, alla corsa si uniranno le altre grandi case automobilistiche. Il gruppo italo-americano Fca - che si è tenuto finora nelle retrovie - prova a rimettersi in prima fila: fornirà a Waymo "migliaia" di Chrysler Pacifica ibride per un servizio di taxi autonomi che "dovrebbe" partire in Arizona entro la fine del 2018.