L’obiettivo non è una vettura alto di gamma, per sostituire la ormai obsoleta 2600 a sei cilindri, ma comunque qualcosa più della Giulia, modello che ha consolidato il suo successo verso la fine degli anni Sessanta formando una clientela fidelizzata di alfisti: in tanti aspirano ora a salire di almeno un gradino.
Nasce così nel 1968 la berlina 1750 che, nella sigla numerica, non fa soltanto riferimento alla cilindrata ma anche alla tradizione gloriosa di un mito del Biscione, della spider Zagato plurivittoriosa nei campi di gara, con la Mille Miglia del 1929 e del 1930 nel palmarès, veloce e affidabile compagna di piloti del calibro di Campari e Nuvolari.
Sorella della Giulia
Quattro porte dallo stile classico, nella quale ha messo mano Bertone scegliendo tratti meno originali di quelli della Giulia, la nuova Alfa Romeo non manca d’altra parte di aggressività nell’aspetto e non abbandona la “firma” sul frontale, con i quattro fari di diverso diametro ai lati dello scudetto del marchio. La lunghezza cresciuta di venticinque centimetri (4,39 metri) e il passo di sei (2,57) permettono di offrire un abitacolo un po’ più ampio rispetto alla sorella minore, mentre resta sempre di buona capienza il vano bagagli. La plancia, anch’essa d’impostazione più tradizionale in confronto alla Giulia, mette in evidenza due grandi strumenti circolari per tachimetro e contagiri, con gli elementi secondari (indicatore livello carburante, manometro olio, termometro liquido raffreddamento e orologio) sulla console centrale che incorpora anche la leva del cambio. Non ci sono progressi sostanziali nella qualità dei materiali di allestimento e nelle finiture, sottotono considerando il prezzo che si avvicina ai due milioni di lire, ma gli alfisti sono disposti a queste rinunce, ripagati da meccanica e dinamica d’eccellenza.
Motore sportivo
La tecnica di base mantiene infatti lo schema dei due progettisti, Orazio Satta e Giuseppe Busso, che hanno fatto la storia della Casa milanese, idee apprezzate da chi ama le alte prestazioni e la precisione di guida piuttosto che il comfort: trazione posteriore, sospensioni anteriori a quadrilateri e posteriori con barra stabilizzatrice, freni a disco servoassistiti, niente servosterzo. Tutte caratteristiche esaltate dal raffinato bialbero, con valvole raffreddate al sodio e due carburatori doppio corpo, ora portato al limite dei 1.800 centimetri cubici per la notevole potenza di 118 cavalli e ottime doti di coppia, in abbinamento al cambio a cinque marce dalla proverbiale maneggevolezza (optional l’automatico ZF).
Un quattro cilindri in grado di surclassare per grinta il 1.600 della Giulia Super, considerato il riferimento per le berline dell’epoca: la velocità massima supera i 180 chilometri orari e bastano circa 10 secondi per raggiungere i 100 da fermo, valori che non sono alla portata neppure di molti pretenziosi modelli di fascia superiore. Per il mercato statunitense, viene inoltre prodotta una versione con alimentazione ad iniezione con pompa Spica per adeguarsi alle normative locali.
Le qualità sportive della berlina 1750 vengono del resto immediatamente valorizzate dal debutto con successo alla 24 Ore di Francorchamps, con quattro vetture ai primi quattro posti di categoria. Il motore 1.800 equipaggia comunque anche le versioni rinnovate sia della Spider “Duetto” che della coupé GT, e quest’ultima si farà onore a sua volta con la derivata GT Am (“alleggerita maggiorata”, erede della Giulia GTA) vincendo l’Europeo Turismo, all’inizio degli anni Settanta, con il pilota olandese Toine Hezemans.
Sempre più potente
Intanto, un aggiornamento del 1969 porta qualche miglioramento tecnico e di allestimento (in evidenza, doppio circuito frenante, fari allo iodio e volante rivestito in legno). Ma un più consistente passo avanti viene compiuto nel 1971, al lancio della 2000, evoluzione verso l’alto di gamma della 1750, con motore portato a due litri e potenza di 132 cavalli, per prestazioni e dinamica che fanno della nuova Alfa Romeo ancora un simbolo nell’ambito delle berline sportive contemporanee: il limite di velocità si alza al di sopra dei 190 chilometri orari, l’accelerazione è da primato per il tipo di vettura (meno di 9 secondi nello 0-100) e non manca la “chicca”, di sapore agonistico, del differenziale autobloccante. Poche le modifiche estetiche, con i fari anteriori che diventano di eguale diametro, mentre nell’abitacolo si nota una maggiore attenzione alle finiture e agli equipaggiamenti (a richiesta il condizionatore d’aria). Sempre iniezione Spica per le versioni Usa e cilindrata unificata anche per Spider e GT, a completare una gamma che si conferma pienamente nel solco della tradizione del marchio.
La 2000, che esce di scena nel 1976 (200.000 le unità prodotte complessivamente, assieme alla 1750), è dunque la massima espressione, e un po’ il canto del cigno, della formula inaugurata dalla Giulia; già nel 1972 è arrivata l’Alfetta, con il suo schema “transaxle” e il ponte posteriore De Dion, altra perla tecnica dei progettisti del Biscione e dall’importante futuro.