BRUXELLES - L’intelligenza artificiale alla conquista dell’auto. Un robot ci affianca o ci sostituisce al volante. Uno scenario che spaventa gli appassionati, pronti a difendere fino all’ultimo chilometro, il piacere di guida. Eppure a dispetto dei pochi irriducibili, ci sono buoni motivi per fare il tifo per il robot. Un numero su tutti: nel mondo ogni anno oltre 1,25 milioni di persone perdono la vita ogni anno in strada. Difficile continuare a ignorarlo.
Gill Pratt, dal Pentagono all'auto
“La sicurezza avanti a tutto, l’obiettivo è arrivare a zero incidenti”, inizia così il nostro incontro con Gill Pratt, dal 2016 a capo del Toyota Research Istitute dove i giapponesi sviluppano robotica e intelligenza artificiale. Pratt, ex Darpa, l’agenzia governativa per lo sviluppo di tecnologie militari del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, arriva subito al punto: “Se è vero che l’auto è causa solo dell’1% dei decessi, la percentuale sale al 35% considerando i giovani tra i 12 e i 19 anni”. La statistica si riferisce agli Stati Uniti, per Pratt però “negli altri Paesi la situazione è simile”.
Deve arrangiarsi da sola
“L’auto dovrà diventare sicura in modo indipendente, senza attendere il contributo in termini d’informazioni utili che potrebbe arrivare dal dialogo con infrastrutture come semafori e quant’altro”, precisa ancora Pratt, sapendo bene che attendere la trasformazione dei nostri centri in smart city, potrebbe essere più lunga del previsto.
Anziani, disabili e taxi robot
L’intelligenza artificiale “contribuirà anche a rendere più accessibile la mobilità in un mondo dove l’età media è sempre più alta e alle persone con disabilità che oggi sono impossibilitati a spostarsi liberamente in città e fuori”, continua Pratt. Non solo, se oggi si va sempre più verso i servizi di mobilità, allontanandosi dal concetto di auto privata, la guida autonoma può portare a un vantaggio economico per tutti: “Con i sistemi di automazione alla guida si può ridurre il costo del trasporto del 50%”. In sintesi, un taxi robot, un’auto in car sharing o un servizio di ride hailing (Uber) automatizzato potrebbero arrivare a costare la metà di oggi.
Miliardi di dati
Uno scenario che ha bisogno però di una tecnologia solida e affidabile: “Sento parlare spesso altri costruttori di milioni di chilometri di test in strada. Sono troppo pochi. Bisogna ragionare in termini di mille miliardi di miglia percorsi l’anno, per questo utilizziamo milioni di dati che ci arrivano da guidatori normali e dai nostri tester, per poi sfruttarli nella simulazione di viaggi virtuali per miliardi miglia”, spiega ancora Pratt. Aspetto che però non deve spaventare: “L’evoluzione è veloce e la tecnologia arriverà presto”.
Si inizia dal livello 2
Ad esempio con il sistema Teammate, disponibile dal 2020 su alcuni modelli Toyota, in grado di garantire un’automazione di livello 2 (su un massimo di 5 stabiliti dal SAE americano): “E’ anche la risposta a chi vorrà ancora guidare perché potrà scegliere tra due operatività: chauffeur e guardian. La prima consentirà di lasciare il volante, in autostrada e con buone condizioni meteo, all’intelligenza artificiale, mentre con la seconda modalità il guidatore continuerà ad avere il controllo della vettura e il robot lo aiuterà nelle situazioni più difficili e in caso di disattenzione”. A ognuno la sua scelta. Il Teammate sarà poi in un secondo momento (2022 - 2023), sarà disponibile anche per un uso cittadino.
Visione pragmatica
Una scelta cautelativa quella di Toyota visto che alcuni costruttori tedeschi già oggi dichiarano di offrire sistemi autonomi di livello 3: “Non penso di essere dietro i nostri competitor. Abbiamo una visione più pragmatica anche perché le differenze con il livello 3 sono minime. E lo stesso livello 3 non è ben definite in termini di classificazione come il 2, il 4 o il 5”, la risposta di Pratt. Qualunque sia lo step, la guida autonoma sarà “disegnata su misura dei diversi mercati perché quello che funziona negli Stati Uniti potrebbe non andare bene ad esempio in India”, conclude Pratt. Perché alla fine anche i robot non sono tutti uguali.