NEW YORK - Il board di Ford ha licenziato il Ceo Mark Fields, dopo che settimane fa aveva contestato apertamente i dati finanziari da lui annunciati. Fields, che era stato nominato numero uno soltanto tre anni fa a capo dell’unica azienda di Detroit non finita in bancarotta nel 2009, aveva ereditato dalle mani da Alan Mulally un’azienda indebolita dalla depressione economica e con finanze assottigliate dallo sforzo per traghettare verso la salvezza. Ma aveva alle spalle i venti della ripresa, e nel portfolio i suv e i pickup necessari per cavalcarla. Il suo incarico sembrava una gestione relativamente tranquilla.
Anni tumultuosi
Fields si è trovato invece a cavalcare gli anni più tumultuosi dal punto di vista strategico. Una rivoluzione copernicana che ha trasformato in profondità le due altre case americane: una, la Chrysler, è finita in mani straniere come ultima risorsa di fronte al rischio di sparire dal mercato. L’altra, la Gm, è stata rovesciata come un guanto sotto la guida di Mary Barra: ritirata in Russia e in India, vendita della Opel in Europa, stop alla produzione in Australia e Indonesia. In questa nuova tempesta sotterranea, scatenata all’ombra di un mercato americano che ha pompato vendite e profitti record per cinque anni, la Ford di Fields si è mossa con minore agilità, legata forse un po’ troppo all’eredità del modello “One Ford” degli anni rampanti della globalizzazione.
I profitti non bastano
E’ così che alla fine del ciclo l’ovale blu ha raggiunto il paradosso contabile che alla fine ha condannato il suo amministratore. Da una parte la previsione di 9 miliardi di profitti per l’anno in corso (quasi il 50% di incremento rispetto al 2016), e dall’altra il titolo in borsa sceso di quasi il 40% nei tre anni di gestione del giovane condottiero. Tra le due cifre c’è la zavorra delle auto dei segmenti minori, che la Ford ha continuato a produrre in tre continenti a dispetto di un mercato che si evolveva verso specifiche sempre più regionali.
La crisi di passaggio della quale Fields ha finito per essere vittima va comunque oltre i risultati operativi dell’azienda. E il segnale che chiarisce la piena portata di quanto sta accadendo a Dearborn è nella figura dell’uomo indicato per la successione: Jim Hackett è stato fino a ieri responsabile della Ford Smart Mobility, il settore dell’azienda che sta sviluppando le linee guida per il futuro. Una società più snella, che punta sulla tecnologia della guida autonoma da una parte, mentre sposta il baricentro delle attività: dalla produzione in larga scala alla gestione aziendale del parco delle auto assemblate.
Sale l'"europeo" Farley
Lo smottamento in atto porterà il capo delle operazioni europee Jim Farley a diventare il nuovo czar della produzione e dei mercati regionali globali, seguito dal suo responsabile delle comunicazioni Mark Truby, che assumerà il controllo di quelle globali. La poltrona lasciata libera da Hackett nel settore Mobility sarà occupata dall’esperta di IT Marcy Klevorn.