Altro che muro col Messico: il patron di Tesla, Elon Musk fa orecchie da mercante alle politiche nazionaliste di Donald Trump. Se non potranno essere i messicani ad andare in America per fare colloqui di lavoro, è la sua compagnia a recarsi oltre confine a cercare la manodopera di cui ha bisogno: non operai a basso costo, bensì ingegneri altamente qualificati che negli Stati Uniti sono merce rara.
Convocazione via LinkedIn
Il posto prescelto è la lobby del lussuoso hotel Grand Fiesta Americana di Monterrey, nel Nord del Messico, a circa 250 km dal confine col Texas. L'appuntamento è a porte chiuse. I giornalisti sono stati fatti uscire e si sono dovuti accontentare di seguire l'evento da fuori, intercettandone i protagonisti: decine di ingegneri messicani arrivati da ogni angolo del paese portando le loro cartelline beige contenenti curriculum e referenze. Non c'è posto per tutti, ovviamente. Tesla, che aveva pubblicizzato l'evento con un post su LinkedIn, ha dovuto mandare via molti candidati chiarendo che il colloquio era inteso per una rosa pre-qualificata online. Ma a tutti è stato indicato di lasciare il curriculum: potrebbero essere ricontattati.
Talenti messicani
Sono mesi che Tesla ha avviato nuove assunzioni per le linee di assemblaggio del suo stabilimento di Fremont, in California: servono soprattutto specialisti in robotica e automazione e servono subito, perché la fabbrica, che produrrà la nuova Model 3, deve arrivare a sfornare 500.000 automobili l'anno entro il 2018, un incremento di sei volte rispetto alla produzione 2016. Ma Tesla non trova negli Stati Uniti gli ingegneri di cui ha bisogno: i messicani, che hanno accumulato esperienza nel settore grazie agli impianti locali di General Motors, Ford, FCA e Volkswagen, dovranno aiutare. Che a Trump piaccia o no.