Oggi l'erede naturale si chiama Jimny ed è ancora una vettura unica nel suo genere, forse la miglior bandiera insieme alla Vitara del marchio Suzuki (non che ci sia gran scelta, fra Ignis, Celerio, Swift e Baleno…). E’ ancora piccola, ma non così piccola. E’ ancora agile nel 4x4, ma non così agile. Però costa ancora relativamente poco e, come negli anni Novanta, monta ancora un piccolo “milletre”, seppur molto più evoluto. Insomma, per chi ama il fuoristrada e l’avventura nostrana, la Suzuki SJ 413 è un tuffo in un passato in cui era ancora possibile inforcare un sentiero nel bosco e perdersi fino a quando le quattro ruote motrici reggevano.
Offroad vera
La storia della piccola fuoristrada giapponese è lunga e affascinante. Sin dalle prime LJ 80 e SJ 40, la formula era semplice e chiara: dimensioni compatte, costi di acquisto e di mantenimento contenuti, look da fuoristrada “dura&pura” e, soprattutto, capacità offroad che oggi farebbero arrossire il 90 per cento dei Suv. E pazienza se qualcuno accusa i giapponesi di aver copiato la mitica Jeep Willys MB; se l’hanno fatto, l’hanno fatto bene, ottenendo un mix vincente fra leggerezza, agilità, dimensioni compatte e affidabilità.
Figlia del mondo
Prodotta per oltre trent’anni, dal 1981 al 2003, la Suzuki SJ è stata uno dei primi esempi di “world car”, costruita in Giappone, Spagna, persino in India (dove però si chiamava Maruti). La prima edizione, col piccolo motore di 970 cc forse oggi sarebbe un po’ inadeguata. Ma una SJ dei primi anni ’90, quella che montava già un milletre da 64 cavalli, ancora oggi offre molto divertimento a costi decisamente ragionevoli (sui 3mila euro se ne trovano parecchie). La trazione integrale è da puristi, ossia 4x4 inseribile a mano con la classica seconda leva accanto al cambio. Le marce sono 5 più altre 5 ridotte. Il peso è “piuma” (970 kg) e molti esemplari sono ancora a carburatore.
Investimento sicuro
Ma una Suzuki SJ ancora oggi potrebbe essere un vero spasso. Non certo per viaggiarci, il comfort era già ridotto all'epoca, oggi è quasi inaccettabile. Né per le prestazioni, i 120 orari di velocità massima erano persino troppo con quel baricentro alto e le carreggiate strette. Però trovare un’esemplare in buono stato (va bene anche la versione Samurai costruita in Spagna), stando attenti alla meccanica perché è robusta ma molte potrebbero aver fatto del fuoristrada impegnativo, con la capote in ordine e senza troppi chilometri sarebbe un bell’investimento.