Un’inchiesta della Sec - l'ente federale preposto al controllo delle società quotate in borsa - formalmente aperta, e il dipartimento di giustizia che ronza intorno in cerca di prove: questa estate sta diventando molto calda in America per Fiat Chrysler. Gli uffici di Auburn Hills hanno dovuto confermare con una nota la notizia che Bloomberg aveva rivelato il giorno prima, e che ha a che fare con la sospetta frode delle vendite fasulle fatte aggiungere alle concessionarie per alimentare la cifra di un successo (75 mesi consecutivi di crescita), forse diventato una droga dalla quale è difficile disintossicarsi.
Gioco di numeri
I guai per la casa erano cominciati all’inizio dell’anno, quando due concessionarie del gruppo Napleton, una a Chicago e una in Florida, avevano mosso una causa civile con l’accusa di aver offerto il pagamento di 40.000 dollari in cambio della falsificazione dei dati di vendita del mese di dicembre. Al concessionario sarebbe stato chiesto di aggiungere vendite inesistenti negli ultimi giorni del mese alla documentazione ufficiale, per poi cancellarle nei giorni successivi, prima che scattassero i termini della garanzia. La FCA che è ancora in attesa del processo, ha condotto un’indagine interna e ha concluso che l’accusa era immotivata.
Rischi concreti
Il coinvolgimento della Sec preoccupa fino ad un certo punto. Se il cane da guardia della borsa verificherà irregolarità contabili, finirà al più per assegnare una multa. Una formalizzazione da parte del dipartimento di giustizia avrebbe ben altro peso perché comporterebbe le ipotesi da codice penale della frode, e del complotto ai fini di lucro. La borsa ha mostrato di non gradire l’attenzione intorno al titolo, che è caduto del 2,53% nella seduta di ieri a Wall Street.
Momento felice
La notizia è una doccia fredda sull’entusiasmo di nemmeno una settimana fa, quando sono stati annunciati nuovi investimenti su due impianti del Midwest e nuove assunzioni. Marchionne sta mettendo in opera la promessa di rifocalizzare la produzione nordamericana intorno a Suv e a pickup, e infatti destinerà 700 milioni di dollari e 700 nuovi operai alla fabbrica di Toledo in Ohio che produce la Wrangler, e 350 milioni e 300 addetti a quella di Belvidere in Illinois dove si assemblano le Cherokee. L’impianto di Sterling Heights in Michigan invece che costruiva la poco popolare Chrysler 200 sarà chiuso per quasi due anni, e attrezzato per accogliere la produzione del pickup Ram 1500.
Rincorsa ai giapponesi
La corsa folle della nuova azienda uscita dalla bancarotta del 2009 ha portato la vecchia cenerentola delle case americane ad un passo (13,1% del mercato) dalla Toyota in calo di popolarità al 13,9%, e persino alla portata della Ford, seconda nel mercato nazionale con il 15,6% di quota.