Takata, il costruttore giapponese di airbag che deve affrontare il più importante richiamo nella storia dell’industria dell’automobile, non solo sapeva da tempo che i propri cuscini erano a rischio esplosione ma ha manipolato ampiamente i risultati dei test, nascondendo il problema nelle relazioni presentate ai clienti. ? questa la prima conclusione dell’audit avviato da Honda nell’ottobre dello scorso anno e affidato a Brian O’Neill, ex presidente dell’IIHS.
"Condotta imperdonabile"
Secondo quanto emerso dall’audit, le “manipolazioni” di Takata erano di “routine”. Doppiamente colpevoli dunque: i vertici dell’azienda giapponese hanno reagito alla nuova contestazione definendo “totalmente imperdonabile” la condotta adottata nei test e nella comunicazione ai clienti, ossia gran parte delle maggiori Case automobilistiche.
Almeno 13 morti e oltre 100 feriti
Lo scandalo è scoppiato quando si è scoperto che gli airbag di Takata potevano gonfiarsi troppo rapidamente, rompendo altre parti in plastica e in metallo e sparandole contro guidatore e passeggeri. Da allora almeno 13 morti e più di 100 feriti sono stati collegati a questo difetto. Continua a salire anche il numero dei dispositivi coinvolti e sottoposti a costosissime campagne di richiamo: ad oggi almeno 70 milioni, di cui 50 già sostituiti, ma con stime per oltre 100.
Cercasi compratore
Il risultato dell’audit complica ulteriormente la posizione di Takata, che è alle prese con gravi problemi di liquidità e rischia seriamente il fallimento. Il valore delle azioni della società fondata da Takezo Takada nel 1933 e retta fino allo scoppio dello scandalo dagli eredi, che ne possiedono ancora il 60%, è sceso lo scorso anno del 65%. Con una capitalizzazione ridotta a circa 38 miliardi di yen (330 milioni di euro), il fornitore di airbag sta vendendo le proprie partecipazioni, incluse quelle in diverse case automobilistiche giapponesi, Honda compresa, e ha avviato la ricerca di possibili acquirenti. In pole position, al momento, sarebbe il fondo americano KKR.