Tre anni fa ero a Fremont, qualche miglia a sud di San Francisco e sede dello stabilimento di Tesla. In quei giorni si consegnavano le prime Model S. Accanto a me c’erano clienti, tra i quali Larry Page, il co-fondatore di Google, e un’altra decina di imprenditori (danarosi) del nuovo mondo digitale.
Consegne a parte, ero rimasto stupito di due cose: linee di produzione essenziali, mobili dell’Ikea e un gruppo di giovanotti californiani a costruire la berlina elettrica da circa 100 mila dollari. Fino ad allora poca o nulla l’esperienza di Tesla: una roadster sviluppata sulla Lotus Elise e nulla di più. Ero sicuro di avere di fronte a me il classico sogno americano, dove tutto è possibile ma certo quello che avevo visto non era proprio confortante.
Qualche giorno fa sono stato a Monaco per provare il nuovo suv Tesla Model X. E le sorprese non sono mancate.
Primo, perché la Model X (come la Model S) è dotata del sistema di guida semi-autonoma AutoPilot che, a testarlo sulle autostrade tedesche, va come (e forse meglio) di dispositivi simili a quelli visti sulle premium tedesche.
Secondo, perché, almeno a sentire quanto ha dichiarato Jon McNeill, a capo delle vendite Tesla, "la Model X è il suv più sicuro di sempre”. Tanto da citare un punto di riferimento in termini di sicurezza come Volvo: “In un urto laterale la nostra auto resiste meglio delle rivali: in caso di impatto, l’intrusione di un altro veicolo nell’abitacolo della Model X è di 215 millimetri rispetto ai 462 registrati sulla svedese XC60”.
Insomma, in soli tre anni i giovanotti americani capitanati da Elon Musk sono riusciti a produrre un’auto a guida semi-autonoma che funziona come le grandi ammiraglie tedesche e più sicura di una Volvo. Ne hanno fatta di strada.