Vivo a Shanghai e da queste parti il motore elettrico è soprattutto riservato agli scooter con batterie rimovibili che si possono portare facilmente in casa per la ricarica. Di auto elettriche nel centro città se ne vedono ben poche, ma i numeri pubblicate dalla CAAM, la China Association of Automobile Manufacturers, raccontano un'altra storia.
Nei primi due mesi del 2016, in Cina si sono vendute 35.726 auto elettriche o ibride plug-in, 1,7 volte quante immatricolate lo scorso anno nello stesso periodo. Un risultato che il ministro dell’Industria Miao Wei - durante il tradizionale National People’s Congress - ha fatto suo e rilanciato, annunciando che in questo 2016 le vendite di elettriche e ibride plug-in saranno il doppio del 2015, arrivando così a una quota stimata di quasi 700 mila unità.
A vederle dal vostro punto di vista, non sono poche: se la previsione fosse corretta e ipotizzando immatricolazioni complessive di 21 milioni di vetture (come nel 2015), a fine anno le elettriche e ibride plug-in potrebbero valere oltre il 3% del mercato cinese. Rispetto allo 0,1% raccolto in Italia, per i fans dell’auto elettrica è un risultato sul quale brindare.
In queste ore poi è stato deciso di assegnare alle elettriche delle targhe verdi invece delle tradizionali blu proprio per differenziarle dalle altre, facilitando l'accesso nelle aree centrali di Beijing e Shanghai quando vengono vietate al resto dei trasporti.
Eppure qualcosa potrebbe cambiare a breve: nonostante le rassicurazioni di Miao Wei, gli incentivi miliardari spesi anche dalle amministrazioni locali per la diffusione dell’auto elettrica potrebbero essere presto ridotti.
Se fosse vero, c’è il rischio di bloccare nel momento meno opportuno la diffusione di comportamenti virtuosi qui in Cina. Tanto più se le emissioni di polveri sottili nell’aria, come dimostrano i dati di rilevati mentre scrivo, sono ancora oltre i limiti consentiti, a Pechino come a Chengdu. Speriamo non sia così.