Che tempo fa sull’automobile? Luca Mercalli, climatologo e metereologo a livello internazionale e noto per il suo lavoro divulgativo in televisione con la trasmissione su Rai 3 “Scala Mercalli” oltre alla partecipazione a “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, ci risponde da ricercatore: non è tempo di promesse, ma da scienza applicata e supportata dalla mano pubblica.
Che tempo fa sull’automobile, così come l’abbiamo conosciuta?
Intanto che è un oggetto giunto al suo capolinea tecnologico. Anche lo scandalo Volkswagen ci ha detto che - se si arriva ad alterare i numeri da un punto di vista ingegneristico - vuol dire che si è a un vicolo cieco. Tutto ciò deve spingerci ad esplorare nuove strade.
Mobilità ibrida, elettrica, a idrogeno?
L’ibrido è stato un utile ponte, ma non lo considero davvero rilevante per il futuro, perché usando due motori c’è un grande spreco di risorsa fisica. È stato tuttavia importante perché ha aperto all’auto a batteria. Adesso sono per il tutto elettrico. Di idrogeno so poco, ho prodotto un documentario in Giappone sulla Toyota Mirai, vedremo se funziona davvero.
Lei che auto guida?
Guido una Peugeot iOn elettrica, vivo a 30 chilometri da Torino a una distanza perfetta, ricarico anche con energia prodotta da pannelli solari. Lo faccio per convinzione personale, in Italia le auto elettriche sono poco diffuse benché il territorio sia adatto con tante piccole città e molto pendolarismo. Quel che non capisco è l’insensibilità dei governi. Per l’auto elettrica non ci sono agevolazioni, soltanto il bollo non si paga e c’è già chi lo mette in discussione.
Come si trova nell’uso quotidiano?
Non ho mai ricaricato da colonnine pubbliche, ho sempre fatto in casa oppure mi sono organizzato per farlo privatamente, tipo vado a trovare un amico, facciamo una bella cena ma mi deve offrire anche la ricarica per tornare a casa. Non uso le colonnine pubbliche perché, primo, non ce ne sono, e poi quando le si trova hanno metodologie farraginose. Ogni volta che se ne incontra una, non sai mai quale è lo standard che troverai.
Quali sono le priorità per favorire la crescita dell’auto elettrica?
Per me, il primo limite è il costo. È ciò che sento dalle persone: bella l’auto elettrica, ma quanto costa? La mia Peugeot iOn costa oggi circa 30.000 euro e fa un servizio inferiore a quello di una Fiat Panda da 10.000 euro. Bisogna dare incentivi per abbassare il prezzo di acquisto perché più mezzi circoleranno, più si diffonderanno le colonnine. Vivo a 70 chilometri dalla Francia, dove ci sono incentivi dai 7 ai 10.000 euro per un’auto a batteria. So di persone che vanno lì a comprarla, rivenduta da amici francesi con un netto risparmio. Sì, la prima cosa da fare è abbassare i prezzi e poi creare una rete pubblica standardizzata. All’autonomia delle batterie, l’industria ci sta già lavorando: chi trova la formula magica vincerà. Ma prima tocca al Paese trovare una soluzione amministrativa.
La legislazione deve precedere un cambio di cultura?
Per i problemi di cambiamenti virtuosi che vogliamo introdurre, spesso facciamo troppo affidamento sulla cultura. La cultura è lenta. Agisce in genere su fasce di popolazione più sensibili e richiede anni. Io dico che ci vogliono le leggi, sono più efficaci. Si fa un decreto la sera e il mattino dopo il mondo è cambiato. Come accade in alcuni paesi europei o in California: ci vogliono leggi per incentivi, per infrastrutture, per regole stringenti.
Il car sharing ci salverà?
È una bella modalità, utilizzata soprattutto dai giovani, molti dei quali non hanno voglia di comprarsi la macchina. È l’auto on demand grazie a metodi telematici. Personalmente, non riesco ancora a usarla. Abito fuori città e il servizio ha ancora troppi limiti. Ma siamo all’inizio, può crescere.
Meglio solo elettrico il car sharing?
No, non possiamo definirlo a priori, dipende dall’uso che se ne vuole fare. Così limitativo, il car sharing rischia di diventare una trappola e la gente si disamora. Le faccio un esempio: con la mia macchina elettrica non posso usare il riscaldamento d’inverno, vado in giro con guanti e cappello. So che se lo accendo, perdo il 10% di autonomia, mi faccio i miei calcoli e non sono mai rimasto a piedi in 55.000 chilometri percorsi. Ma mi rendo conto che può succedere a chi la usa in modo sbadato.
Che futuro vede per la mobilità?
Per la guida autonoma, più che farne un argomento popolare, lasciamo lavorare la ricerca. Che vada avanti, che facciano i test e il giorno che mi arriverà davanti casa, ne parleremo. Non voglio ipotecare in questo momento un futuro che non conosco. L’ipotesi di futuro che sostengo è che dovremo muoverci di meno e cambiare modalità di movimento. Oggi ci muoviamo troppo per cose che si possono evitare o che a volte non ci danno nemmeno gioia. Dobbiamo sopprimere la necessità di muoverci sempre. Ecco perché, per esempio, propongo il telelavoro. È un modo per risolvere il pendolarismo giornaliero di molti. Soluzione telematica contro mobilità inutile.