New York – Elon Musk è stato definito un marziano, un mago con il tocco di Mida, il primo imprenditore del terzo millennio. Nella realtà industriale del nostro tempo è la punta di diamante di un nuovo modello aziendale che coniuga creatività e capacità manageriale, con la nuova economia del mondo digitale.
Ha lasciato la noia della nativa Pretoria in Sud Africa all’età di 17 anni per andare a Ontario in Canada, senza una lira in tasca ma con le idee già chiare: a 10 anni aveva comprato il primo computer, a 12 venduto il suo primo software. Due anni di università in Canada, poi laurea alla Pennsylvania University in economia e fisica. Nel ’95 è arrivato alla prestigiosa Stanford University in California per un dottorato di ricerca, ma c’è rimasto solo due giorni: il tempo di puntare insieme al fratello i 28.000 dollari presi in prestito dal padre sul software Zip2, un Tuttocittà in formato digitale ad uso del Los Angeles Times e New York Times.
Quattro anni dopo la vendita di Zip2 frutta a Musk 22 milioni, la metà dei quali reinvestiti per fondare X.com e poi PayPal, il primo cassiere virtuale del mondo internet. Bastano solo tre anni perché il capitale della società salga alle stelle: quando eBay si fa avanti per comprarla deve sborsare 1,5 miliardi di dollari, dei quali 165 milioni finiscono nelle tasche del 31enne inventore.
La nascita di Tesla
A quel punto la creatività esplosiva di Musk prende due nuove direzioni: l’avventura dell’auto elettrica con la Tesla, e la nuova frontiera spaziale con la SpaceX. Costruire una fabbrica di automobili e un’azienda privata in concorrenza alla Nasa? Impossibile, dicono gli esperti. Musk ancora una volta lascia tutti a bocca aperta: nel 2008 mentre GM e Chrysler imboccano il tunnel della crisi che le porterà alla bancarotta e il mercato dell’auto soffre una contrazione devastante, il fisico-economista lancia la Roadster che la bibbia dei consumatori americana Consumer Reports definisce “la vettura di migliore qualità costruttiva del mercato”. Sei anni e tre modelli dopo, la Tesla fatica ancora a far quadrare i bilanci con vendite complessive di appena 50.000 vetture. Allo stesso modo la SpaceX che pure ha in tasca contratti vantaggiosi per il trasporto di cargo nello spazio dopo la chiusura del programma Shuttle della Nasa, fatica a consolidare i traguardi ambiziosi del suo creatore.
Le aspettative, così come il valore azionario della Tesla Motors, restano però altissime. Oramai ci siamo abituati a rispettare Musk come un Pico della Mirandola del terzo millennio, e da lui ci aspettiamo progressi miracolosi nel campo della mobilità e della conservazione di energia: dall’accumulatore casalingo che ci permetterà di tagliare i fili dell'azienda energetica di turno, al treno pneumatico che correrà i 600 Km tra Los Angeles e San Francisco in 35 minuti. Senza dimenticare il jet supersonico a propulsione elettrica alla prima spedizione umana su Marte.
In cambio di queste promesse siamo disposti a perdonargli tutto: dall'ossessione apocalittica che Elon Musk sta sviluppando riguardo all'intelligenza artificiale al ritorno dei profitti sugli investimenti industriali. Il sogno si sa, non ha prezzo.