E’ l’unico bullismo che non si può condannare. Non ci credete? Allora chiedetevi cosa unisce pellicole come “Alice’s Restaurant” (1969) o “Little Miss Sunshine” (2006); cos’hanno in comune la copertina di un capolavoro assoluto del folk rock come “The Freewheelin' Bob Dylan” e la summer of love, la surf music e la west coast. Vi troverete di fronte a un fenomeno che è riuscito a passare dagli anni ’50 ai sessantacinque anni senza perdere smalto e senza vedere minimamente appannato il proprio fascino. Ancora non ci siete? Tranquilli, qui è la strada: è il VW Type 2, quel furgoncino Volkswagen dalla simpatica aria tondeggiante, familiarmente noto in quasi tutto il mondo col soprannome di Bulli.
Come nasce il suo nomignolo
Il nomignolo sembra derivi da un felice mix di iniziali: “bu” del latino bus (abbreviazione di omnibus: “per tutti”) e “li” del tedesco lieferwagen: furgoncino. Se in mezzo aggiungete una “l” per migliorare il suono, ecco che il risultato finale somiglierà molto all’aggettivo bullig, che in tedesco significa robusto. E, in effetti, questo piccolo van ha mantenuto fede al suo soprannome, dal momento che – come chiunque può verificare dalla sterminata documentazione fotografica presente nel Web – la community dei suoi innamoratissimi driver gliene ha fatte davvero passare di tutti i colori. Impossibile contare quante e quali customizzazioni ne siano state fatte. Il furgoncino di gran lunga più famoso del Novecento ha avuto più look di Lady Gaga (ne esistono versioni a 11, 13, 15, 21 e 23 finestrini) e più vite di qualsiasi supereroe mutante di casa Marvel. E’ stato furgone, pick-up, scuolabus, minibus, camper, ambulanza, camioncino dei pompieri, bar, bistrot, ristorante e persino camera da letto.
Difficile anche tenere il conto dei modi nei quali i bullisti di tutto il mondo lo hanno soprannominato: Samba negli Stati Uniti (ma anche “Sunroof Deluxe”, per la capote in stoffa che permetteva di scoperchiare il tetto e fare il pieno di sole e vento) dov’è stato il mezzo simbolo della generazione hippy e dei figli dei fiori; Splittie nel Regno Unito (per via del parabrezza diviso in due per migliorare l’aerodinamica), Kombi in Brasile, Alpine in Australia; “pagnotta” in Portogallo, “pane di segale” in Danimarca, Kleinbus in Finlandia, Volksie in Sud Africa e Danfo in Nigeria.
Se esiste, dunque, un veicolo su quattro ruote per il quale la parola icona può essere spesa a ragion veduta, quello è senza alcun dubbio questo piccolo van, nato a Wolfsburg – nella Bassa Sassonia - nell'ormai lontano 1950. Uno dei veicoli più riconoscibili di sempre, entrato a far parte dell’immaginario collettivo di più di una generazione e il cui muso sorridente e profilo rassicurante hanno ispirato ogni genere di gadget: zaini, borse, necessaire, saponi, tazze, portauova, teiere, portachiavi, portapenne, fioriere, copripiumoni, plaid, tostapane, radio, borse frigo, cover per smartphone e, addirittura, tende da campeggio. Un fenomeno che ha trasceso l’orizzonte della mobilità, per entrare in quello del costume e della cultura popolare e di ciò che oggi definiremmo con il termine lifestyle.
Il papà era un importatore
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il papà di questa meraviglia non è stato un ingegnere, ma un importatore. Bernardus Marinus - "Ben"- Pon, il primo olandese a rivendere nel suo paese auto prodotte dalla casa di Wolfsburg. Nel ’46 Pon si trovava appunto a Wolfsburg per scegliere uno dei primi Maggiolini. Notò che nella fabbrica Volkswagen ruote e pianale dell’auto venivano utilizzati come rudimentale mezzo di trasporto dei materiali necessari alla catena di montaggio. Quella visione lo ispirò. Tornò a casa e, su un brogliaccio per appunti, schizzò il bozzetto di un piccolo van, con il muso di un Maggiolino schiacciato e un capace piano di carico posteriore.
Pon non poteva certo immaginarlo, ma aveva appena dato il via ad una vera e propria rivoluzione. Di lì a pochi anni, infatti, il Bulli entrò in produzione. Da allora a oggi, sono ben sei le generazioni di Bulli che hanno rubato il cuore ad altrettante generazioni di bullisti di ogni latitudine. Una saga fantastica e gloriosa sulla quale sembrava destinata a calare la parola fine e che è invece si è arricchita di un nuovo elettrizzante capitolo, in stile decisamente hi-tech.